REGGIO EMILIA – Ci hanno provato in tutti i modi i parlamentari di centrodestra della Commissione Antimafia. Ci hanno provato a far dire al Procuratore Calogero Gaetano Paci che i colleghi della Direzione distrettuale antimafia di Bologna e il suo predecessore Marco Mescolini non hanno voluto scavare su eventuali rapporti tra esponenti reggiani ed emiliani del centrosinistra e la criminalità organizzata. Che le indagini sugli amministratori locali o non sono state fatte o sono state insabbiate. Ci hanno provato ma non ci sono riusciti.
Pietro Pittalis di Forza Italia ha detto che non si è indagato sul centrosinistra reggiano. Pino Bicchielli di Noi Moderati ha sostenuto che negli anni in cui era guidata da Mescolini la Procura di Reggio non ha voluto disturbare il manovratore. Il procuratore Paci ha replicato ricordando le indagini, iniziate prima del suo arrivo, che coinvolgono amministratori locali di Reggio e della Val d’Enza. E ha voluto sgomberare il campo dagli equivoci. “Sul versante che attiene ai rapporti con esponenti della politica del territorio non ho trovato lacune, anzi ho trovato il giusto approfondimento”.
Molti parlamentari della destra, come Mauro D’Attis di Forza Italia e il leghista Manfredi Potenti, si sono rifatti a un’intervista dell’ex magistrato Roberto Pennisi, ignorando forse che nel giugno scorso, durante un incontro pubblico a Reggio, Pennisi ha corretto il tiro, chiarendo che nessuno gli ha impedito di indagare sulla sinistra e tessendo le lodi dell’indagine Aemilia. Sì, ma allora perché non ci sono politici coinvolti nelle inchieste sulla ‘ndrangheta? Non è vero che non ci sono, ha risposto il procuratore di Reggio. “Sono stati alcuni esponenti politici a chiedere e a cercare presso gli imprenditori (rectius, “mafiosi”) di ottenere il voto elettorale voti, questo è certo. Quello che era un rapporto che si svolgeva per iniziativa della criminalità organizzata, oggi in un qualche modo vede capovolti i termini”.
Paci non ha fatto nomi, ma il riferimento a due esponenti di Forza Italia di Reggio e Parma e a un dirigente di Fratelli d’Italia di Piacenza è trasparente. “A Piacenza l’ex presidente del Consiglio comunale è stato condannato a una pena altissima per rapporti con la ‘ndrangheta”.
In questo vortice di domande di volta in volta strumentali o poco informate, comunque tese a cercare di dimostrare che i politici in odore di mafia non sono quelli di cui le indagini hanno documentato i contatti con gli ‘ndranghetisti, ma gli altri, il colmo lo ha raggiunto il parlamentare leghista Gianluca Cantalamessa. Quest’ultimo, per dare forza alla tesi di una sinistra risparmiata dalle indagini della magistratura, ha ricordato che anche l’ex prefetto Antonella De Miro, ascoltata in aula nel processo Aemilia, riferì di rapporti tra politici e uomini delle cosche a Reggio. Non ha detto, Cantalamessa, che il politico di cui parlava la De Miro è Giuseppe Pagliani. E’ il colmo, dicevamo, ma c’è qualcuno che è andato anche oltre. Lo racconteremo in un prossimo servizio.
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