REGGIO EMILIA – Il Consiglio superiore della magistratura ha chiuso definitivamente il cosiddetto “caso Mescolini”, riassegnando al magistrato quelle funzioni direttive di procuratore capo che gli erano state illegittimamente sottratte con il trasferimento da Reggio disposto dallo stesso plenum del Csm nel febbraio 2021. Per Marco Mescolini comincia una nuova fase della sua vita e della sua attività. E comincia sulla base del riconoscimento della sua correttezza e della sua integrità di magistrato, riconoscimento sancito prima dal Consiglio di Stato e poi, nel maggio scorso, dal Csm.
Per Reggio, invece, si avvicina il momento di un lavoro di ricostruzione storica di una manovra politico-giudiziaria che ha portato alla cacciata dalla nostra provincia e dall’Emilia-Romagna del principale protagonista delle indagini sulla criminalità organizzata. “Una manovra nettamente politica“, hanno scritto i giudici del Consiglio di Stato nella loro sentenza, da parte “di esponenti che avevano pensato di individuare in Mescolini un avversario, per così dire, politico”.
Gli effetti di questa operazione arrivano fino a noi. Nell’aprile dell’anno scorso il consiglio dell’Ordine degli Avvocati diffuse un incredibile comunicato in cui indicava alla magistratura di indagare su “soggetti appartenenti alle istituzioni” che avrebbero avuto “rapporti con esponenti della criminalità organizzata”, ma sarebbero stati risparmiati dall’indagine Aemilia. La tesi secondo la quale Mescolini e la Dda di Bologna avrebbero ignorato notizie di reato a carico di esponenti politici e insabbiato le indagini è stata smentita in tutte le sedi processuali, ma a Reggio qualcuno continua a farla circolare.
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