CADELBOSCO SOPRA (Reggio Emilia) – Inaugurando il 22 gennaio scorso l’anno giudiziario, Lucia Musti ha definito l’Emilia-Romagna “distretto di mafia”, in cui ci sono “imprenditori, colletti bianchi e professionisti che hanno deciso che fare affari con la ‘ndrangheta è utile e comodo”. Dopo quell’intervento, il procuratore generale della Corte d’Appello di Bologna ha subito due chiari tentativi di intimidazione. Ma le sue parole hanno fatto rumore anche negli ambienti giudiziari ed economici. A Cadelbosco Sopra la Musti ha spiegato cosa intendeva dire a proposito dell’Emilia.
“E’ un distretto/regione nel quale i magistrati lavorano sulla mafia e ottengono risultati che sono sentenze passate in giudicato di 416 bis, cioè associazione di stampo mafioso, commessa in Emilia-Romagna, non a Cutro. Aemilia è la nona sentenza, io ho fatto un elenco di sentenze passate in giudicato. Ci sarà qualcuno a cui non è piaciuto. Per quanto mi riguarda io vado avanti sulla mia strada e continuo a dire quello che penso sulla base di fatti concreti”.
Ex procuratore capo a Modena, la Musti ha rappresentato l’accusa nei processi d’appello Aemilia, Grimilde e in quello sugli omicidi di ‘ndrangheta del 1992 a Reggio e Brescello. Al pubblico dell’Altro Teatro ha raccontato di una mafia imprenditrice che non ha interesse a sparare. Un’organizzazione che, dove mette radici, distrugge i diritti dei lavoratori e fa concorrenza sleale agli imprenditori onesti.
Un ruolo chiave nella prevenzione delle infiltrazioni è svolto dalla Prefettura. Il prefetto Iolanda Rolli ha spiegato di avere ridato impulso al lavoro del gruppo interforze e nelle ultime ore la Rolli ha firmato la 40ª interdittiva antimafia dall’inizio dell’anno. Un record. Ma le interdittive non piacciono a tutti.
La Procura di Modena ha chiesto di processare l’ex parlamentare Carlo Giovanardi, che telefonava in Prefettura e ai vertici provinciali dei carabinieri per chiedere di riconsiderare l’esclusione dalla white list della Bianchini di Finale Emilia. Ma il Senato ha detto di no al processo, facendo propria la tesi secondo la quale Giovanardi ha esercitato le sue prerogative di parlamentare. Ma allora dove finisce l’ambito della politica e dove comincia quello delle Prefetture e delle forze dell’ordine?
“L’attività di un politico deve essere quella di rappresentare le esigenze del territorio in Parlamento, non deve essere certo quella di occuparsi del singolo caso – ha detto Rolli – Quindi l‘autonomia del prefetto così come quella del magistrato e delle forze di polizia non deve essere assolutamente toccata da nessun fattore esterno“.