REGGIO EMILIA – La nostra città è stata nominata più volte nell’ultima, infuocata udienza del processo in corso a Bologna che mira a stabilire tutta la verità sulla strage della stazione del 2 agosto 1980 e sui suoi mandanti.
Scintille tra il principale imputato, il reggiano Paolo Bellini presente in aula dopo i recenti problemi di salute, e Sergio Picciafuoco, testimone assistito, criminale comune ritenuto, 41 anni fa, vicino all’estrema destra e condannato all’ergastolo nell’88 come uno degli esecutori materiali dell’attentato poi assolto in Appello e in Cassazione.
Picciafuoco ha contraddetto una relazione di servizio della questura di Reggio Emilia datata 22 ottobre 1990 e in cui si faceva riferimento a fatti accaduti una decina di giorni prima: vi si descrive un incontro avvenuto in città tra Picciafuoco e Bellini, ex primula nera e reo confesso di numerosi delitti. A pranzo in un ristorante, Picciafuoco avrebbe chiesto a Bellini di prestargli dei soldi e di procurargli una pistola. In aula, invece, il testimone ha negato più volte di essere stato nella nostra città, sostenendo di aver conosciuto Bellini solo in carcere. Ha anche detto che Bellini “racconta menzogne pazzesche, si sa che i collaboratori di giustizia lo fanno”. Per queste parole è stato
duramente ripreso dal presidente della corte Francesco Maria Caruso, mentre Bellini si è agitato molto urlandogli “sei un provocatore”.
L’ex primula nera a sua volta ha raccontato che Picciafuoco venne a Reggio Emilia due volte: la prima non lo trovò e pernottò presso l’albergo della madre, la seconda fu quella del pranzo. Il killer adesso imputato a Bologna ha detto anche di aver pensato di uccidere Picciafuoco per i suoi atteggiamenti, ma di aver poi cambiato idea.
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