BOLOGNA – “E’ stata una condanna a morte da parte di tutta la famiglia”, la sostituta procuratrice generale Silvia Marzocchi ha chiuso la sua requisitoria chiedendo alla Corte d’Assise d’Appello di Bologna di ribaltare la sentenza di primo grado e condannare tutti e cinque i familiari di Saman Abbas all’ergastolo. Padre, madre, zio e i due cugini, secondo la Marzocchi, hanno deciso insieme la condanna a morte della 18enne pachistana assassinata nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara e per questo devono essere condannati al massimo della pena, in modo da “restituire a Saman il ruolo di vittima di un’azione inumana e barbara”.
A supporto delle sue conclusioni, la sostituta procuratrice generale ha chiesto alla corte di ritenere assolutamente veritiera, a differenza di quanto avvenuto in primo grado, la testimonianza del fratello 16enne di Saman che “sulle questioni fondamentali – ha detto la Marzocchi – non si è mai contraddetto e non aveva nessun interesse a deporre contro i suoi familiari“. “L’esclusione della premeditazione – ha detto Marzocchi – ha attribuito al fratello di Saman un ruolo che non merita, quello di aver innescato la lite che avrebbe portato all’omicidio”. Secondo la Procura invece il giovane sarebbe un’altra vittima di questa vicenda, sacrificato dai genitori e abbandonato in Italia, costretto a una fuga da clandestino e a scegliere se coprire le responsabilità di altri per l’omicidio della sorella o dire la verità e incastrare i familiari”.
Secondo l’accusa esistono dunque le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili che portano alla richiesta dell’ergastolo con un anno di isolamento diurno per tutti e cinque i familiari della vittima. In primo grado la Corte di assise di Reggio Emilia aveva condannato all’ergastolo i due genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, assolvendoli dalla soppressione di cadavere, a 14 anni lo zio Danish Hasnain e aveva assolto e liberato i due cugini, Nomanhulaq Nomnhulaq e Ikram Ijaz
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