NOVELLARA (Reggio Emilia) – Siamo tra fine maggio e inizio giugno 2021. Saman Abbas è stata uccisa da un mese e lui, suo fratello, si trova sotto protezione: ha 16 anni, i carabinieri lo hanno fermato a Imperia mentre cercava di allontanarsi con lo zio, riuscito nell’intento.
I genitori sono in Pakistan, sono decollati per l’Asia la mattina dopo l’ultima sera in vita della 18enne. E’ questo lo scenario nel momento in cui avvengono alcune telefonate il cui contenuto, intercettato, è stato depositato agli atti del processo. In una, è il 28 maggio, il ragazzo parla con una zia e le dice “ha fatto tutto lo zio”, riferendosi a Danish Hasnain e al delitto e ribandendo così quanto detto ai carabinieri. “Da oggi non parlerò più con tuo fratello Danish e non parlerò nemmeno con quel cane che ha i baffi e più nemmeno con Irfan, non parlerò più neanche con gli altri due che stanno con loro perché ha fatto tutto lo zio, ha fatto tutto lo zio”, dice il ragazzo alla donna che gli intima di stare zitto, ma lui prosegue: “Sì, ma io a questi qui gli darò una lezione che si ricorderanno tutta la vita. Se non è rimasta viva mia sorella, allora neanche loro hanno diritto di vivere. O mi ucciderò oppure farò qualcosa a questi”.
Poi c’è un’altra conversazione, dalla quale emerge chiaramente come il ragazzo fosse in contatto con i genitori all’epoca, ripetiamo, latitanti: “Vanno all’inferno tutti, se non c’è più mia sorella allora non c’è più nessuno. Stai in silenzio”, dice alla madre il 5 giugno. Il 14 di quel mese il padre proverebbe a convincerlo a incolpare un altro parente per incastrarlo, ma il ragazzo dice: “Se non c’è più la mia sorella non dovrò vivere nemmeno io… Lei non c’è, non dire le cose sbagliate”. Il fatto che il giovane fosse in contatto con i genitori sarà un elemento importante dal punto di vista delle difese per tentare di intaccare la sua credibilità.
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