REGGIO EMILIA – Dal carcere in cui è rinchiuso, Danish Hasnain sta preparando il suo intervento. Perché lo zio di Saman Abbass, condannato in primo grado a 14 anni per l’omicidio della nipote, parlerà in aula nel processo d’appello. Può vedere la moglie, arrivata nelle ultime settimane in Italia dal Pakistan. Poi ha incontrato il suo legale, l’avvocato Liborio Cataliotti che, per la prima volta, si è rivolto a lui in italiano spiegandogli che cosa è emerso dalle motivazioni della sentenza.
“Posso dire che la nostra attenzione si è focalizzata sull’unico particolare su cui la sentenza non accredita la mia versione difensiva – le parole del legale – Io avevo sostenuto che non necessariamente fosse Danish l’autore materiale del reato e la sentenza lo riconosce, avevo sostenuto che non sussistessero aggravanti, prima tra tutte la premeditazione, e la sentenza mi segue anche su questo. Non mi segue sulle telefonate che Abbas, il papà della povera ragazza, ha fatto qualche minuto prima dell’omicidio al mio cliente. Su questo la sentenza dice che se Danish ha saputo prima dell’omicidio e, visto che poi confessa lui stesso di aver partecipato al seppellimento della ragazza, cioè all’occultamento del cadavere, deve ritenersi che abbia almeno moralmente aderito all’omicidio. E’ su questo aspetto, sul contenuto di quelle telefonate, sull’orario, sull’identificazione degli interlocutori che io ho incalzato il mio cliente, come fosse un interrogatorio della procura, per vedere se fosse in grado di sciogliere i dubbi che la sentenza, una bellissima sentenza dal punto di vista tecnico, aveva ingenerato. E il cliente devo dire questi dubbi li ha sciolti”.
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