BRESCELLO (Reggio Emilia) – La sentenza del processo Grimilde contro la ‘Ndrangheta con epicentro a Brescello, primo Comune emiliano-romagnolo della storia ad essere stato sciolto per mafia, pur confermando l’impianto accusatorio vede dimezzate le richieste dell’accusa, rappresentata in aula dal pm della Dda di Bologna Beatrice Ronchi. Undici gli imputati condannati e 5 le assoluzioni. Le condanne più pesanti per Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino, 19 anni e 6 mesi contro una richiesta a 30 anni. Dodici anni al figlio Paolo. I giudici hanno riconosciuto per i due l’associazione mafiosa. Le altre condanne vanno dai sei anni e quattro mesi di Domenico Oppido a un anno e quattro mesi di Antonio Rizzo, Francesco Paolo e Giuseppe Passafaro. Poi due anni e quattro mesi a Gregorio Barbiero, tre anni e otto mesi a Gaetano Oppido, due anni e 4 mesi a Pietro Passafaro e a Matteo e Roberto Pistis.
Disposte anche provvisionali per le parti civili: 2 milioni e 348mila euro a favore del Ministero dei Trasporti, 150mila euro alla presidenza del Consiglio dei Ministri, 130mila alla Regione Emilia-Romagna, 100mila al Comune di Brescello, 60mila a quello di Cadelbosco Sopra, 40mila al Comune di Reggio Emilia, 40mila ciascuno a Uil, Cgil, Cisl Emilia-Romagna, Camera del Lavoro di Reggio Emilia, Libera, 30mila ad Avviso pubblico. Risarcimenti che per il sindacato confermano come l’infiltrazione era riuscita a condizionare gravemente i diritti del lavoro e dei lavoratori.
Si tratta di una sentenza di primo grado. La corte ha confermato il 416 Bis il regime di carcere duro per Francesco Grande Aracri. A giugno altri 40 imputati erano stati giudicati dalla Corte d’Appello di Bologna con rito abbreviato.
La sentenza di primo grado: gli imputati e i verdetti
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