REGGIO EMILIA – Ultima udienza, questa mattina in tribunale, per il dibattimento del processo Grimilde. La corte è stata trasferita in questura per la stesura della sentenza.
Era successo per il processo Aemilia, succede anche per Grimilde. D’altronde, la prima maxi-inchiesta sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste in Emilia, con Reggio al centro, è la madre della seconda che ha puntato i fari su Brescello, comune sciolto per mafia, su Francesco Grande Aracri, il fratello del boss, sui suoi figli Salvatore e Paolo.
Come nell’ottobre 2018, anche la corte del processo Grimilde è stata scortata in questura e si dedicherà alla stesura della sentenza del primo grado dibattimentale nelle stesse stanze utilizzate quattro anni fa dal collegio del processo Aemilia. In questo caso ci vorrà meno, ma comunque servirà qualche giorno per arrivare al pronunciamento. Il trasferimento della corte è avvenuto poco dopo le 12, al termine dell’ultima udienza, con le repliche finali degli avvocati difensori. Tutti hanno negato l’associazione a delinquere di stampo mafioso, tutti hanno chiesto l’assoluzione a fronte dei 120 anni di carcere chiesti invece dalla Direzione Distrettuale Antimafia lo scorso 7 novembre per i 16 imputati di questo filone.
Trentaanni è la richiesta per il principale imputato, Francesco Grande Aracri, che il pm Beatrice Ronchi ha definito “il simbolo della ‘ndrangheta in Emilia”. Lui ha voluto rilasciare dal carcere un’ultima dichiarazione, negando i rapporti con i fratelli: “Sono uomo di giustizia e di verità”. Le accuse vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso a ipotesi di reato come estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata.
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