BRESCELLO (Reggio Emilia) – La sentenza del processo Grimilde celebrato con rito abbreviato, pronunciata nei giorni scorsi dalla Corte d’Appello di Bologna, ha fatto notizia per la sensibile riduzione delle condanne inflitte ai principali imputati: Salvatore Grande Aracri e Giuseppe Caruso. Siamo di fronte a un mezzo ribaltamento del pronunciamento di primo grado? In attesa del deposito delle motivazioni della sentenza, la lettura del dispositivo sembra suggerire di no. Vediamo perché.
La Quinta sezione penale della Corte d’Appello di Bologna ha ribadito una volta di più l’esistenza di una cosca di ‘ndrangheta autonoma operante sul territorio emiliano e ha confermato la condanna per associazione mafiosa di tutti i 10 imputati che erano accusati di questo reato. Per i giudici, gli affari dei Grande Aracri a Brescello erano parte delle più complessive attività della cosca, che aveva i propri punti di riferimento nei fratelli Nicolino, Gianluigi e Carmine Sarcone, in Alfonso Diletto, Antonio Gualtieri, nei fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli e così via.
Perché allora Salvatore Grande Aracri, 42 anni, di Brescello, figlio di Francesco e nipote del boss Nicolino, si è visto ridurre la pena da 20 anni a 14 anni e 4 mesi? Perché i giudici d’appello lo hanno assolto da una decina di capi d’imputazione: appropriazione indebita, due estorsioni e numerose intestazioni fittizie di beni. L’assoluzione è scattata a seconda dei casi perché il fatto non sussiste o non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. In un caso di estorsione il reato è stato derubricato in usura, in uno di appropriazione indebita non si doveva procedere per mancanza della querela e cinque accuse per intestazione fittizia sono decadute per prescrizione. In più, per 10 capi d’imputazione è stata esclusa l’aggravante dell’agevolazione della mafiosità.
Qualcosa di simile è accaduto per Giuseppe Caruso, esponente di Fratelli d’Italia ed ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza. In appello è stato assolto da un’accusa di estorsione perché il fatto non sussiste e da una di truffa per non aver commesso il fatto. Considerata la caduta delle aggravanti connesse all’accusa di mafia, i giudici lo hanno condannato a 12 anni e 2 mesi per associazione mafiosa, truffa e corruzione.
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