REGGIO EMILIA – Nuova udienza in Tribunale a Reggio del processo in Corte d’Assise per l’omicidio di Saman Abbas. La data-chiave è quella del 22 aprile 2021: il sottotenente dei carabinieri Pasqualino Lufrano, comandante della stazione del paese, va a casa di Saman Abbas e chiede di lei. La ragazza è tornata a Novellara, dopo sei mesi in una comunità bolognese, da una decina di giorni; dice che vuole i suoi documenti per ripartire, che il padre li tiene chiusi in un armadio, che intende denunciare, ancora, la madre e il padre per i quali già pende un procedimento per costrizione al matrimonio. “Tu sei mamma”, si era appellata alla donna Saman l’autunno precedente, quando aveva scoperto che i suoi avevano organizzato le nozze, ma la donna le aveva risposto “non è una decisione tua”.
E’ sempre la madre che apre la porta a Lufrano quel giorno: gli dice che la ragazza non c’è, ma lui entra in casa e la chiama a voce alta. Lei è di sopra e scende, il militare le chiede se va tutto bene e se vuole seguirlo in caserma. Lì le propone: se recuperassimo noi i tuoi documenti, tu accetteresti un’altra sistemazione protetta? Saman dice sì. Lufrano il giorno dopo dispone la rogatoria per ottenere il decreto di perquisizione, decreto che arriva il 28 aprile, ma – dice il militare in aula, rispondendo al pm Laura Galli con a fianco il procuratore capo Calogero Paci – aspettavamo che i servizi sociali trovassero quella sistemazione”. Gli assistenti sociali programmano di trovarsi il 3 maggio, ma quel giorno Saman non è già più in vita.
Secondo l’avvocato Barbara Iannuccelli, unitasi alla rappresentanza legale del fidanzato di Saman, la ragazza sarebbe tornata a Novellara non per i documenti ma proprio per amore del giovane, la cui famiglia in Pakistan è stata nuovamente minacciata. “Dall’inizio di questa vicenda sono intimiditi. Intorno a casa loro spara gente che spara in aria. Saman è tornata perché sua madre le disse che sarebbero terminate le minacce alla famiglia del fidanzato se fosse rientrata a Novellara”.
La presidente della Corte d’Assise, Cristina Beretti, ha riunito la posizione del padre di Saman al processo. L’avvocato d’ufficio dell’uomo, Simone Servillo, dice che il 46enne solo per un disguido non si è videocollegato. “C’è la dichiara volontà di Shabbar di partecipare al processo, di non fare ostruzioni e di raccontare la sua verità”.
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