REGGIO EMILIA – Le informazioni fornite da Mirko Tutino nel novembre 2016, quando era assessore comunale, a un socio della cooperativa Camelot e a un cronista della Gazzetta di Reggio su due diverse procedure di gara, non hanno influito sulla regolarità degli appalti, né hanno provocato danni alla pubblica amministrazione. Lo scrivono i giudici nella sentenza del processo sugli appalti in Comune, che ha visto l’ex assessore alle Infrastrutture e ai Beni comuni assolto da una duplice accusa di rivelazione di segreto d’ufficio perché il fatto non sussiste.
Al socio di Camelot, che chiamò Tutino perché in ansia per l’esito della gara per il servizio di bike sharing, l’amministratore si limitò a dire che era stata presentata una sola offerta. All’epoca della telefonata, i termini per la presentazione delle offerte erano già scaduti da quasi due mesi. Nel secondo episodio, Tutino fu contattato da un giornalista in cerca di informazioni sulla gara per il piano sosta. L’apertura delle buste era in programma poche ore dopo, nel pomeriggio, e l’assessore confidò al giornalista che l’unico soggetto ad aver presentato un’offerta era il Consorzio Tea.
Per la Procura si trattò di rivelazione di segreto d’ufficio. Ma i giudici hanno valutato i fatti diversamente. Nel caso della gara per il bike sharing, ad esempio, “il termine per la presentazione delle offerte era già decorso da tempo – si legge nella sentenza – e la rivelazione di tale notizia non avrebbe potuto inquinare la procedura di gara”. Più in generale, scrivono i giudici, quelle due telefonate di Tutino “non hanno e non potevano in alcun modo arrecare pregiudizio alla regolarità della procedura di gara e nemmeno avrebbero potuto arrecare nocumento ad altri interessi della pubblica amministrazione”.
Mirko Tutino fu indagato nel giugno 2019, in un momento in cui aveva deciso di lasciare l’attività politica. L’avviso di conclusione delle indagini è del luglio 2020. Nel marzo 2022 fu rinviato a giudizio, tre mesi fa l’assoluzione.
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