REGGIO EMILIA – Le conversazioni intercettate col cosiddetto “trojan”, il captatore informatico, prima della metà del 2017 non possono essere utilizzate e non entreranno così nella formazione della prova del dibattimento.
Lo ha deciso il collegio presieduto da Sarah Iusto chiamato ad esprimersi sulla questione sollevata dagli avvocati difensori dei 20 imputati nel processo sui presunti appalti irregolari in Comune a Reggio Emilia. Prima di quella data, infatti, le intercettazioni tramite trojan potevano essere fatte solo per i reati di mafia e terrorismo. Il gup a suo tempo le aveva ammesse, sostenendo che il confine fosse quello tra luogo pubblico e luogo privato, mentre la corte ora ha disposto in maniera diversa. Le accuse – i sostituti procuratori sono Valentina Salvi e Giulia Stignani – vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta.
La procura contesta irregolarità in quattro appalti per un totale di 27 milioni di euro. Quello economicamente più significativo è l’appalto per il trasporto pubblico, che è anche il settore nel quale esisteva la maggior parte delle intercettazioni ora diventate inutilizzabili. “Come richiesto era inevitabile che si dichiarassero inutilizzabili le intercettazioni fatte col trojan sul cellulare poiché, per le mie posizioni, nel 2016 e 2017 si potevano disporre solo per reati di criminalità organizzata, quindi siamo soddisfatti per l’accoglimento”, dice Ernesto D’Andrea, avvocato di Alessandro Meggiato e Nando Rinaldi.
L’8 marzo comincerà l’audizione dei testi della procura: verranno sentiti i finanzieri che si sono occupati delle indagini e anche Ermes Ruozzi, l’assicuratore indagato nell’ambito di un appalto per un servizio di brokeraggio e che ha patteggiato un anno e 10 mesi. Sono 23 le posizioni ulteriori archiviate nei mesi scorsi dal giudice Andrea Rat, che aveva accolto la richiesta della Procura.
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