REGGIO EMILIA – Un botta e risposta al vetriolo, al centro le udienze per il processo Angeli e Demoni sugli affidi in Val d’Enza. A oggi nessun rinvio a giudizio e ancora nessuna udienza preliminare, che si svolgerà il 30 ottobre, eppure il processo è dato per certo tanto da avere già un suo giudice.
A stabilirlo un documento del 7 settembre del presidente del tribunale reggiano Cristina Beretti, che ha ridistribuito i carichi di lavoro dei magistrati. Per il caso Bibbiano sarebbe stato designato il giudice Simone Medioli Devoto. Si dicono indignati e critici su questa situazione l’avvocato Mazza e l’avvocato Ognibene, difensori dell’assistente sociale Federica Anghinolfi, figura principale dell’indagine e che hanno chiesto l’istanza di rimessione del processo, a causa delle eccessive pressioni ambientali.
Dello stesso avviso anche la giunta delle camere penali, che d’accordo con i due penalisti scrive: “Questo provvedimento presidenziale non solo ci fornisce la notizia che un processo non c’è ancora stato, ma che sicuramente ci sarà, al punto che il presidente del tribunale ha preparato quanto necessario perché ci siano i giudici del caso”.
Nelle ultime ore è arrivata la risposta della Beretti che ha rispedito al mittente le accuse e in una lettera con dovizia di dettagli tecnici ha smontato le accuse: “Sorprende – le sue parole che l’unione camere penali dimentichi quale sia la procedura prevista per tutti i procedimenti per i quali venga richiesto il rinvio a giudizio dal pm. La variazione tabellare è imposta da un provvedimento del Csm. Per il procedimento su Bibbiano è avvenuto ciò che avviene per tutti i procedimenti penali per i quali è prevista l’udienza preliminare. Già da tempo, ben prima del provvedimento di variazione tabellare, al giudice dell’udienza preliminare era stata comunicata data e ora dell’eventuale udienza dibattimentale. Va da sé che se il procedimento si concluderà all’udienza preliminare nessun dibattimento verrà celebrato e della circostanza viene dato avviso al giudice del dibattimento”.
La Beretti ha poi concluso: “Resta l’amarezza di un documento i cui contenuti e le cui valutazioni sono tanto gravi quanto ingiusti, poiché non rispondenti alla realtà dei fatti e che offendono chi da quasi 30 anni ha sempre avuto la più alta considerazione della funzione della difesa e del principio della presunzione di non colpevolezza”.
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