REGGIO EMILIA – Claudio Foti lo dice subito: “Non mi sembra ancora vero”. Lo psicoterapeuta è inarrestabile, è come se avesse dentro quattro anni di parole non dette che ora la sentenza di appello lo autorizza a pronunciare.
A poche ore dall’assoluzione in secondo grado dalle accuse di abuso d’ufficio e lesioni gravissime provocate in una minorenne, il fondatore della Hansel&Gretel ritenuto dalla procura di Reggio una delle figure chiave dell’inchiesta sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza parla a Tg Reggio di pregiudizi contro fatti e letteratura scientifica. “Questi giudici hanno avuto il coraggio dell’ascolto, è quello che ci si aspetta da un Paese civile e di diritto. Io sono diventato il boss degli affidi, io che non ne ho mai seguito uno. Si creano delle cose sul niente, devo avere pazienza perché ci saranno strascichi a lungo”.
“Passaggio importante, severa smentita dell’accusa”, dice Giovanni Tarquini, legale del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti. Di “incolmabile distanza che separa il processo mediatico da quello reale”, parlano anche Rossella Ognibene e Oliviero Mazza, avvocati di Federica Anghinolfi, anche lei figura centrale, a dibattimento assieme ad altre 16 persone. Foti, invece, aveva scelto il rito abbreviato. In primo grado venne condannato a 4 anni. Per l’accusa, il 72enne aveva provocato disturbi depressivi in una ragazzina all’epoca 17enne che sottopose a terapia tra 2016 e 2017 tramite domande definite “suggestive” che, è la tesi, avevano “ingenerato in lei la convinzione di essere stata abusata dal padre e dal socio”.
La Corte d’appello “ha giudicato secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale degli ultimi 20 anni”, dice l’avvocato di Foti, Luca Bauccio. “Deve esserci un nesso causale che non c’è, c’è solo la presunzione di voler trovare un responsabile”. La procura generale ha ribadito il pieno sostegno all’impianto accusatorio annunciando la valutazione di un ricorso in Cassazione una volta lette le motivazioni. Foti parla di un operato, da parte sua, empatico, gentile e corretto delle procedure e dei pazienti, tanto che diversi di loro, dice, gli sono state vicine in questi anni, e di conseguenze create da tutto questo: la paura degli operatori sociali, la diminuzione delle famiglie affidatarie. “E’ un trauma collettivo di cui la politica si deve fare carico, destra o sinistra”.
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