REGGIO EMILIA – Il processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza non è ancora arrivato al dibattimento, ma la battaglia tra accusa e difese è già deflagrata. La presidente della Corte, Sarah Iusto, ha accolto le aggravanti chieste dal sostituto procuratore Valentina Salvi per alcuni dei 17 imputati, in ordine ai capi di imputazione di falso, abuso di potere e lesioni, ma a scaldare l’udienza è stato l’ingresso in campo del procuratore capo Calogero Paci, che ha replicato duramente alle eccezioni sollevate dalle difese.
I legali hanno parlato di “violazioni della procedure”, di “mosse irrituali”, di contestazioni avanzate “per allungare la vita ai reati”, alcuni dei quali a rischio prescrizione, e di “un’insicurezza che emerge da capi di imputazione indeterminati”. Paci, premettendo di reputare assolutamente efficace ed autorevole la rappresentazione dell’accusa di Salvi, ha definito tutto questo come “giudizi non solo sgradevoli sul piano della dialettica processuale, ma anche pesantemente offensivi e delegittimanti della pubblica accusa. I giudici che si sono avvicendati – ha proseguito – hanno dato atto della sostanziale fondatezza del quadro accusatorio”.
Poi, la critica al “vaso comunicante che è evidente si sia venuto a creare tra il processo e il suo palcoscenico, cioè la stampa”. “L’indagine, dopo cinque anni, non è ancora in grado di produrre accuse precise. Il cambiamento delle imputazioni prima dell’apertura del dibattimento è comunque una patologia processuale che le difese hanno il diritto di denunciare – è la controreplica di Oliviero Mazza e Rossella Ognibene, legali di Federica Anghinolfi – Il vero processo mediatico è già stato celebrato durante le indagini, con conseguente distruzione dell’immagine pubblica della dott.ssa Anghinolfi”.
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