BIBBIANO (Reggio Emilia) – E’ l’inizio del 2016 quando Claudio Foti inizia la psicoterapia con una minorenne reggiana che proviene da un nucleo famigliare fragile in carico ai servizi sociali. La zia della ragazzina sostiene che la nipote abbia patito molestie da un amico del padre quando aveva 4 anni. Ma quella psicoterapia, anzichè servirle, “le provocò ulteriore sofferenza”. Al termine del percorso durato circa tre anni, la giovanissima arrivò, scrive il giudice Dario De Luca, “a modificare le proprie emozioni nei confronti del padre tanto da odiarlo” e a considerare lui, il padre, “il potenziale autore della violenza da lei subita da piccolissima”.
In 46 pagine, il magistrato motiva le decisioni prese tre mesi fa, l’11 novembre, al termine del primo grado del rito abbreviato: condanna a 4 anni per lo psicoterapeuta torinese e assoluzione per l’assistente sociale Beatrice Benati. C’è l’abuso d’ufficio per irregolarità dell’affidamento degli spazi per la psicoterapia, ma il fondatore della Hansel&Gretel è stato condannato soprattutto per lesioni: a causa di quella psicoterapia la giovanissima cadde in “uno stato depressivo di disturbo della personalità”.
Gli esperti nominati dalla difesa, si legge, non hanno portato alcun dato scientifico a supporto delle modalità utilizzate da Foti. Fu lui per primo, e non la minorenne, a introdurre il tema della violenza e dell’abuso, riferendosi spesso a lei come “sopravvissuta”, denigrando i genitori. Usò impropriamente la “macchinetta dei ricordi”, che da protocollo va utilizzata se esistono ricordi da decifrare, e non era questo il caso, dice il gup. Foti era consapevole che, comportandosi così, quelle conseguenze sarebbero potute esserci “con una probabilità prossima alla certezza”, scrive De Luca. In lui, si legge nelle motivazioni, c’era la volontà di “accreditarsi ulteriormente come professionista in grado di far emergere abusi anche a distanza di molti anni”.
Da parte dell’imputato, poi, nessun segno di pentimento e anzi, dice De Luca, la volontà di ingannare la corte fornendo video con date sbagliate, in modo da alterare la sequenza degli eventi. “Le investigazioni meticolosamente svolte dai carabinieri hanno permesso di disvelare una complessa, continuativa e insistita attività illecita legata al delicato tema degli affidi di minorenni, di competenza dell’Unione Comuni Val d’Enza”, scrive infine il giudice. Per i 17 rinviati a giudizio il dibattimento inizierà a giugno.
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