BIBBIANO (Reggio Emilia) – “Siccome terapia è curare la sofferenza, io devo entrare dove c’è sofferenza, non devo curare dove sta bene su altri aspetti. Devo andare a lavorare su ciò che fa star male”.
I pazienti sofferenti in questione sono bambini oppure preadolescenti. Giovanissime o giovanissimi presi in cura da Nadia Bolognini, psicoterapeuta del centro “Hansel e Gretel” di Torino, che in Val d’Enza svolgeva sedute rivolte a vittime di presunti abusi o maltrattamenti.
In aula la professionista, rispondendo alle domande del proprio avvocato Luca Bauccio, ha voluto smontare le tesi dell’accusa, costruita a suo avviso, in più frangenti, utilizzando frasi da lei mai pronunciate durante le terapie oppure “tagliate e cucite” e riportate fuori dal contesto. Tra i capi d’imputazione addebitati c’è la frode processuale. “Non c’è niente che la mia cliente abbia fatto per inquinare le indagini. Ha fatto il lavoro di psicoterapeuta ma questo processo pretende di giudicare il lavoro di uno psicoterapeuta, di entrare nella stanza delle sedute. Decidere qual era la domanda giusta o quale sbagliata”, sottolinea l’avvocato Bauccio.
Secondo la procura, i metodi adottati da Nadia Bolognini avrebbero, nel caso ad esempio di una dodicenne, alterato lo stato psicofisico ed emotivo della minore. La psicoterapeuta è poi accusata di falsa perizia determinata da inganno, di violenza privata e di lesioni per i presunti disturbi ai bambini causati sempre dalle sue sedute. La stessa ipotesi di reato, quest’ultima, di cui era accusato l’ex marito e collega Claudio Foti, coinvolto nella stessa vicenda, condannato in primo grado ma assolto in appello e in Cassazione.
Reggio Emilia processo psicoterapeuta Nadia Bolognini