Gentile Direttore,
in merito alla lettera di Potito Scalzulli, pubblicata su Reggionline in data 9 novembre 2020, desideriamo puntualizzare quanto segue, sulla scorta di documenti ufficiali dei quali assicuriamo, fin d’ora, la totale disponibilità.
- In riferimento alle dichiarazioni di Scalzulli: “Voglio accertare se, in conseguenza della testimonianza che resi nel processo Aemilia, siano state attivate nei miei confronti cause temerarie e vendicative”, facciamo osservare quanto le stesse siano alquanto singolari e tendenziose.
Questo signore ha avuto l’ardire di rivolgere, in diverse sedi, pesanti accuse nei nostri e nei confronti di altri e, senza alcun ritegno, di insinuare perfino collusioni con la ‘ndrangheta, al solo fine di arrecare danni alla nostra reputazione e credibilità. Ora, invece, sembra temere il giudizio della Magistratura e si azzarda a considerare temerarie e vendicative le legittime azioni intraprese dai soggetti da lui offesi e diffamati. Orbene, fino ad ora, temerarie, false e vendicative risultano solo le sue infamanti accuse, tutte basate su ricostruzioni fantasiose e su teorizzazioni inesistenti, tanto da non trovare positivo riscontro presso alcuna Procura interessata e da essere state censurate e considerate reato da un giudice di questa Repubblica. In sostanza, Scalzulli, con le sue accuse, dimentica le indagini svolte dalla polizia giudiziaria e non tiene in considerazione le determinazioni dell’organo giurisdizionale istituzionalmente preposto.
- Per quanto riguarda la vicenda del Catasto reggiano e alle accuse che Scalzulli fa nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, osserviamo semplicemente che l’Agenzia è un ente pubblico che risponde al Ministro dell’Economia e delle Finanze, e non a Scalzulli, e che della questione è stato interessato finanche il Parlamento. Da parte nostra, ribadiamo con forza, ancora una volta, la totale estraneità ai fatti all’epoca contestati, così come correttamente riconosciuto da parte del P.M. nella richiesta di archiviazione del 2014, nella quale si afferma “che non vi sarebbero nemmeno i presupposti per sostenere l’accusa in giudizio”. Ne consegue che, a prescindere della prescrizione intervenuta, sarebbe stata riconosciuta comunque la nostra innocenza.
- In merito all’audizione di Scalzulli al processo Aemilia e la paventata vendetta nei suoi confronti, è sufficiente considerare la non brillantezza di quella testimonianza, per capirne l’inutilità e l’inefficacia. Scalzulli ha sostanzialmente reiterato le solite accuse, per le quali, come già detto, esiste un decreto di archiviazione, senza portare a sostegno alcun fatto nuovo, alcun elemento di prova, alcun dato di riscontro documentale, se non le solite sensazioni, suggestioni, supposizioni, il “sentito dire”, errate convinzioni, allusioni, inaccettabili pregiudizi legati alla nostra provenienza geografica. Alle domande incalzanti del Presidente della Corte, che ricordava al testimone che rendeva testimonianza in un processo di mafia e che occorreva citare fatti concreti, eventuali collegamenti con ambienti mafiosi da parte di suoi dipendenti di cui egli fosse a conoscenza, Scalzulli è rimasto sempre senza risposte e più volte ha dimostrato di essere in seria difficoltà. Spesso il Presidente, con infinita pazienza, ha richiamato inutilmente il testimone sulla necessità di stare al tema del processo.
Allora, perché l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto mostrare interesse, e noi, insieme ai vertici dell’Agenzia, avremmo dovuto allarmarci per l’inutilità di tale insignificante performance. La nostra non è vendetta, ma semplice desiderio di verità e giustizia, misto a indignazione e incredulità per tanta sfrontatezza da parte di un soggetto che, per scopi subdoli, continua a infangare persone per bene.
La verità, infatti, sta da un’altra parte ed è indiscutibile, basta consultare gli atti presso la Procura di Reggio Emilia: le denunce-querele alle quali fa riferimento Scalzulli sono state presentate in data 20 dicembre 2017. Il 20 dicembre 2017! Ben 22 giorni prima della sua deposizione al processo Aemilia e non in seguito alla sua inconcludente testimonianza, ma a causa delle accuse nei nostri riguardi contenute nella documentazione presentata alla Commissione Parlamentare Antimafia e successivamente pubblicate sulla stampa reggiana. Ecco la verità volutamente nascosta da Scalzulli!
- Relativamente poi all’archiviazione di tali querele, occorre osservare come Scalzulli abilmente le voglia associare ad altre presentate contro di lui, che definisce impropriamente temerarie. È necessario precisare, al contrario, che, in tutta la loro interezza, le querele sporte hanno ampiamente dimostrato, davanti al giudice, la loro piena legittimazione e fondatezza. L’archiviazione delle stesse, infatti, è stata possibile solo grazie alla favorevole normativa esistente, che prevede la non punibilità dei reati commessi, qualora ne ricorrano i presupposti (soggetto incensurato, non abituale al reato, reato commesso senza violenza, massimo edittale inferiore a cinque anni etc.).
Nel caso in questione, l’archiviazione disposta dal G.I.P. di Bologna, mediante l’Ordinanza richiamata nella lettera, non è stata disposta perché la notizia di reato sia risultata infondata, oppure perché sia rimasto ignoto l’autore del reato, oppure risulti mancante una condizione di procedibilità, o perché il reato sia estinto o il fatto non sia previsto dalla legge come reato, ma unicamente perché il fatto è stato ritenuto particolarmente tenue. In pratica, si riconosce la commissione di reati da parte del querelato, riconoscendo la non punibilità degli stessi in base alla specifica normativa vigente.
In estrema sintesi, Scalzulli, in qualità di querelato, pur avendo commesso i reati di diffamazione nei nostri confronti, così come ipotizzati in querela, grazie alle vigenti norme, non risulta punibile.
L’archiviazione di cui sopra, tuttavia, legittima la richiesta di risarcimento dei danni subiti. A tal proposito, il G.I.P. nella sua sentenza ha dichiarato: ”Quanto alla valutazione del fatto, premesso che la tenuità si parametra in riferimento alla condotta, e non al lamentato danno – in specie reputazione -, si deve ritenere che esso sia di particolare tenuità, sia per le modalità dell’azione, sia per l’intensità del dolo”. Tale pronuncia, come è evidente, significa una sola cosa, e cioè che i reati commessi ed accertati, sia per le modalità dell’azione che per l’intensità del dolo, ricadono nelle fattispecie previste (ex art. 131 bis del c.p.), e che, pertanto, beneficiano della non punibilità prevista dalla norma, ma non intaccano minimamente, anzi la sostengono con forza, la possibilità per le persone offese del riconoscimento in sede civile della quantificazione del danno subito. Forti di tale pronuncia, e alla luce delle ultime uscite di Scalzulli, procederemo in tal senso.
Inoltre, occorre ricordare l’impossibilità per lo Scalzulli di poter beneficiare nuovamente, per i due anni successivi, del beneficio relativo all’archiviazione per tenuità del reato. Per cui, al fine del computo dei due anni, sulla base della sentenza n. 38954 del 24 settembre 2019 delle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte di Cassazione, “il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto deve essere iscritto nel casellario giudiziale”, ma non è menzionato nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della Pubblica Amministrazione.
Pertanto, mentre il casellario giudiziale di Scalzulli, anche se con i limiti precisati nella sentenza, risulta macchiato da tale iscrizione, il nostro, nonostante tutto il fango che ci è piovuto addosso, è ancora pulito.
- Per concludere, vorremmo osservare che Scalzulli, incurante delle vicende processuali, invece di scusarsi per il danno arrecato con le sue accuse infondate, le rilancia con riprovevole ostinazione, a spregio della verità e delle decisioni dell’Autorità giudiziaria. Da parte nostra gli ricordiamo che fare chiacchiere da bar è semplice, ingannare chi ci sta intorno, pur se deprecabile, è possibile, dimostrare incautamente delle falsità è ben altra cosa: contrasteremo, in ogni modo e in tutte le sedi, a tutela della nostra dignità, ogni velleitario tentativo di perseverare nella menzogna e nell’ingiuria.
Gentile Direttore, le chiediamo cortesemente la pubblicazione integrale della presente. Grazie!
Salvatore Scarpino e Pierpaolo Fornaro
Leggi anche
Reggio Emilia processo Aemilia lettera Potito Scalzulli Salvatore Scarpino Pierpaolo FornaroProcesso Aemilia, Scalzulli: “Archiviate le querele contro di me dopo la mia testimonianza”











