REGGIO EMILIA – Ventisette assoluzioni e 91 condanne molte delle quali ridimensionate rispetto al primo grado di giudizio. Questo il quadro che esce dalla sentenza della Corte d’appello di Bologna sul più grande processo alla ndrangheta nel nord. In attesa delle motivazioni ci sono le reazioni dei difensori. Esclusa l’aggravante della partecipazione all’associazione di tipo mafioso per l’imprenditore Mirco Salsi condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi ridotti adesso a 3 anni. “E’ stata esclusa l’aggravante della partecipazione di Salsi all’associazione di tipo mafioso. Di ciò non possiamo che essere soddisfatti, anche perché abbiamo sempre sostenuto che Salsi non è un mafioso. E questa triste vicenda in cui si è trovato suo malgrado coinvolto, gli ha rovinato per sempre la vita”, commenta l’avvocato Domenico Noris Bucchi.
C’è anche chi è passato da una condanna a 12 anni e che ora è stato assolto come Francesco Viti difeso dall’avvocato Claudio Bassi: “C’è stato un ridimensionamento, una lettura diversa degli atti processuali”.
Alla soddisfazione di molti difensori fa da contraltare la posizione dell’avv. Pasquale Muto che si dice profondamente deluso per la posizione del suo assistito Giuseppe Iaquinta condannato in primo grado a 19 anni per associazione mafiosa e passato a 13 anni: “Siamo delusi, sicuramente faremo ricorso in Cassazione”.
Gli avvocati hanno già annunciato che ricorreranno in Cassazione. L’obiettivo è di fare cancellare per i loro assistiti l’aggravante del metodo mafioso. Questo il punto centrale di tutto il processo e che secondo i sindacati, Cgil, Cisl e Uil ma anche le Istituzioni, viene sostanzialmente confermato.
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