REGGIO EMILIA – Quasi 17 anni di condanna in cinque. Ma soprattutto, un successo pieno per la Direzione distrettuale antimafia e, di conseguenza, un ribaltone rispetto alla sentenza di primo grado. La Corte d’Appello di Bologna, al termine del processo iniziato lo scorso ottobre, ha condannato tutti gli imputati del processo Aemilia Bis, una costola del maxi processo Aemilia, imputati che a Reggio a novembre 2020 erano stati assolti “per non aver commesso il fatto”.
Antonio e Francesco Giglio, rispettivamente padre e fratello del pentito Giuseppe, la madre Gaetana Crugliano, il commercialista Agostino Donato Clausi e l’imprenditore Mario Mazzotti erano alla sbarra per intestazioni fittizie, con l’aggravante di aver agito per favorire la cosca. Il collaboratore di giustizia Giglio è considerato dagli inquirenti il ‘regista’ del piano imprenditoriale a servizio del sodalizio e la tesi dell’accusa, che non era passata in primo grado e che invece l’Appello ha accolto, è che gli affari del pentito non fossero finalizzati solo al proprio tornaconto ma anche, appunto, per supportare il sodalizio criminale. I giudici hanno sposato quasi totalmente le richieste del sostituto procuratore della Dda Beatrice Ronchi e del procuratore generale reggente Lucia Musti, che contro quelle assoluzioni avevano fatto ricorso: solo Clausi, per cui erano stati chiesti 5 anni e 2 mesi, ha avuto una condanna leggermente inferiore, e cioè 3 anni e 10 mesi. Padre e fratello di Giglio sono stati condannati a 3 anni e 2 mesi ciascuno, la madre a 2 anni e 8 mesi, Mazzotti a 4 anni.
Reggio Emilia 'ndrangheta Bologna condannati processo Aemilia bis












