REGGIO EMILIA – Secondo le difese “si è aperto uno squarcio nell’impianto accusatorio”. Saranno le motivazioni, che arriveranno tra tre mesi, a dire perchè la Corte d’Assise di Reggio abbia deciso di accogliere in minima parte le richieste della Dda riguardo al caso irrisolto ribattezzato Aemilia ’92, ma è indubbio che sia stato, con questa sentenza, rivalutato il ruolo dei pentiti, giudicati sinora da molte altre corti, su tutte quella suprema, la Cassazione del 2018, come credibili e attendibili, perno fondamentale della lotta degli inquirenti alle infiltrazioni della ‘ndrangheta sul territiorio emiliano.
E’ una formula assolutoria piena quella contenuta nel dispositivo letto dal presidente Dario De Luca, accompagnato dal giudice a latere Silvia Guareschi e dai sei giudici popolari. Ci sono stati in aula lunghi minuti di sostanziale blocco. Per questioni di velocità e di audio a intermittenza, non è stato subito chiaro il contenuto di quelle parole, poi alle parti è stato distribuito il testo del dispositivo.
Il pm Beatrice Ronchi, che uscendo dall’aula ha fatto con eleganza i complimenti alle difese, aveva chiesto l’ergastolo per tutti e quattro gli imputati e per tutti e due gli omicidi, l’accoglimento c’è stato solo per il boss Nicolino Grande Aracri, giudicato però organizzatore ed esecutore del solo omicidio Ruggiero, avvenuto a Brescello il 22 ottobre di 28 anni fa. Prosciolti da tutte le accuse Angelo Greco, Antonio Ciampà, Antonio Le Rose. Persone che invece Antonio Valerio, da quattro anni collaboratore di giustizia e che dei delitti si è autoaccusato, ha sempre nominato come organizzatori degli omicidi oppure che ha collocato direttamente sul posto. Un pronunciamento contro il quale è altamente probabile che la Dda faccia ricorso.
All’epoca era in atto la lotta Vasapollo-Ruggiero e Dragone-Grande Aracri-Ciampà-Arena per l’egemonia della criminalità organizzata, soprattutto per quanto concerne il traffico di droga in Emilia. Vennero freddati entrambi nelle loro abitazioni, a Pieve Modolena il 21 settembre e a Brescello un mese dopo, ed entrambi si trovavano ai domiciliari.
Allora non c’erano le tecnologie attuali che vengono in aiuto alle indagini tradizionali. E “questa è gente che fa molta attenzione a non lasciare tracce” ha detto Ronchi nella sua controreplica prima della camera di consiglio. Ma in seguito alle parole di Valerio la squadra mobile si è rimessa all’opera, trovando tabulati telefonici e rianalizzando le immagini a disposizione. Poi si sono aggiunte le dichiarazioni di un altro pentito, Angelo Salvatore Cortese. Ecco, proprio su presunte contraddizioni tra i due collaboratori di giustizia e anche con precedenti dichiarazioni dello stesso Cortese le difese hanno fatto leva.
Ricordi diversi del colore della finta auto dei carabinieri a bordo della quale è salito il commando diretto a Brescello, ricordi diversi di alcuni capi d’abbigliamento, ma anche cose più macro: Valerio, ad esempio, colloca sul luogo dell’omicidio Ruggiero un’altra persona che non era imputata, Cortese non se la ricorda.
La sentenza ha riconosciuto i danni all’associazione Libera e al Comune di Brescello, entrambi parti civili.
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