REGGIO EMILIA – Taglieggiavano imprenditori in difficoltà economica, prestando soldi con tassi di interesse usurari. Con l’accusa di usura ed estorsione aggravata la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Reggio, ha arrestato tre imprenditori, due di origine calabrese e uno reggiano. Soggetti già noti alle forze dell’ordine, perché coinvolti nell’operazione Minefield: l’inchiesta, emersa nel febbraio scorso, aveva permesso di smascherare un sodalizio criminale che, attraverso false fatturazioni e una rete di società cartiere, gestiva un giro d’affari stimato in 30 milioni di euro in diversi settori, dall’edilizia ai servizi di pulizia, in ambienti contigui alla criminalità organizzata.
Quella indagine è sfociata in un’attività contro reati di tipo estorsivo. Le Fiamme Gialle sono state coordinate dalla Procura di Reggio diretta dal Procuratore Capo Calogero Paci. Agli imprenditori calabresi l’arresto è stato notificato nel carcere di Reggio, dove si trovano rinchiusi da febbraio con l’accusa di essere a capo dell’organizzazione smantellata con Minefield. Ed è nel loro interesse che agivano i tre uomini fermati dalla squadra mobile la scorsa settimana per estorsione e minacce, uno dei quali figlio di un condannato di Aemilia. Erano di fatto i due imprenditori a impartire gli ordini.
La vittima era il titolare di un’azienda che ha raccontato di aver subito diverse richieste di denaro, sia a carattere estorsivo che usurario. Anche il terzo arrestato, l’imprenditore reggiano, era coinvolto in Minefield, con un ruolo apicale. E’ stato raggiunto a Taranto, dove si trovava per motivi di lavoro. Anche lui è accusato di aver taglieggiato un imprenditore in evidenti difficoltà economiche, con violenze e minacce, riscuotendo crediti usurari, dell’ordine di decine di migliaia di euro.
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