REGGIO EMILIA – A Reggio sono sempre più numerose le persone povere e senza fissa dimora. L’osservatorio della Caritas Diocesana di Reggio e Guastalla evidenzia questa tendenza. Sono circa 2.500 le famiglie seguite dai centri d’ascolto del territorio, in totale quasi 9.000 persone. Una crescita sensibile si è registrata nel centro d’ascolto diocesano: le persone incontrate sono state 929, il 21% in più rispetto al 2022. Oltre il 69% di queste persone è già conosciuto dai centri d’ascolto: segno che le situazioni di povertà si stanno cronicizzando.
Emerge un dato interessante e preoccupante: la quasi totalità delle persone incontrate appartiene a classi di età lavorativa, tra i 25 e i 64 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 55 e i 64 anni, seguita da quella tra i 45 e i 54. “Oggi purtroppo il lavoro non è più una certezza di esclusione dalla povertà – spiega Alberto Gollini, direttore della Caritas Diocesana – ci sono persone che, pur lavorando, si trovano in condizioni di povertà. Questo vale sia per le situazioni gravi a livello diocesano ma anche nella povertà più ordinaria, che non vuol dire meno grave, del territorio”.
Tra le persone che si sono rivolte al centro d’ascolto diocesano, più di una su cinque – il 22% – è di nazionalità italiana. In aumento i poveri provenienti dal Nord Africa e in particolare da Egitto, Marocco e Tunisia. Crescono le persone senza fissa dimora: sono 553. Il numero più alto dal 2015 a oggi. La povertà va spesso a braccetto con la solitudine. “Tante persone sono sole e quindi c’è una relazione fra l’essere soli e la povertà. Non sappiamo quale venga prima ma comunque sono correlate. Questo aspetto è vero soprattutto per le persone che non sono di questo territorio, come stranieri o immigrati qui da altre regioni d’Italia. Avendo una rete sociale più flebile, sono più esposte al rischio di povertà”.