REGGIO EMILIA – “Sospensione fino al giudicato in sede penale”. Così ha stabilito la Corte federale d’Appello sul caso Manolo Portanova. Tradotto: la giustizia sportiva si “ferma” e attende quella ordinaria. Il centrocampista granata è in attesa del processo d’Appello dopo una condanna a sei anni in primo grado per stupro di gruppo. Nel frattempo l’iter sportivo ha fatto il suo corso arrivando al pronunciamento odierno. Portanova quindi può continuare a giocare.
Il caso era stato nuovamente rinviato alla Corte federale d’Appello, ovviamente in diversa composizione, lo scorso 19 gennaio, dal Collegio del Coni, che era stato chiamato a esprimersi sulla richiesta di radiazione del giocatore, o in subordine la squalifica per cinque anni, avanzata dalla procura federale. La questione al centro era questa: è rilevante, dal punto di vista sportivo, l’accusa penale a carico del giocatore? Due mesi fa il procuratore aveva chiesto al Collegio che si esprimesse nel merito “perchè la vicenda – aveva detto – non è estranea al contesto sportivo e il fatto incide sulla credibilità del sistema”, mentre la richiesta dell’avvocato del centrocampista, Flavia Tortorella, era stata di segno opposto, e cioè che il ricorso della procura venisse considerato “inammissibile”. Il Collegio aveva deciso di non decidere rimandando tutto alla Corte federale d’Appello.
Parole di soddisfazione sono state pubblicate dal giocatore sul proprio profilo Instagram, dove Portanova parla di “assoluzione”. Precisiamo che il pronunciamento odierno non è stata un’assoluzione che non è compito della giustizia sportiva eventualmente dare ma, appunto, di quella ordinaria. La giustizia sportiva attenderà quella penale. “Oggi per la prima volta dopo tre anni non mi sono sentito solo – scrive Portanova – oggi per la prima volta si è riaccesa in me una piccola luce chiamata speranza; speranza nelle istituzioni, negli organi di giudizio e soprattutto speranza negli uomini perché nonostante il male che ho ricevuto e che sto continuando a ricevere io continuo a credere nel bene. Oggi per la prima volta dopo tre anni sono stato giudicato da delle persone che consapevolmente leggendo le carte non hanno potuto fare altro che assolvervi. So che questa non è la vittoria della guerra ma combatterò con tutte le mie forze e con ancor più speranza ottenuta dopo il risultato di oggi. Non mi arrendo”.













