REGGIO EMILIA – Nella prima settimana di novembre l’esercito del Regno del Marocco ha violato il cessate il fuoco del 1991 invadendo i territori in cui vive il popolo Sahrawi, che a sua volta ha deciso di intervenire. A Reggio Emilia c’è una delle più importanti associazioni italiane di sostegno al popolo.
“I bambini sono al sicuro, ma i giovani hanno deciso di arruolarsi”, ha detto Caterina Lusuardi, la presidente dell’associazione Jaima Sahrawi. Alcuni dei giovani che da bambini erano venuti nella nostra città, ospitati dalle famiglie reggiane grazie ai progetti dell’associazione, sono ora pronti a imbracciare le armi e andare in guerra. Il Marocco ha fatto aprire un valico nel muro al confine sud del Sahara Occidentale, consentendo il passaggio di persone e merci in direzione della Mauritania. Prima, la popolazione Sahrawi per chiudere quel valico e ostacolare il transito, ha messo in campo proteste pacifiche. Poi, sono iniziati gli scontri a fuoco.
Il Fronte Polisario e il Governo Sahrawi chiedono da decenni il referendum di autodeterminazione previsto dal Piano di Pace del 1991 sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana. La situazione ora è ancora più tesa, vista la riduzione degli aiuti internazionali destinati al popolo Sahrawi a causa dell’emergenza Coronavirus.
La rete dei Comuni reggiani amici del popolo Sahrawi si unisce all’appello dell’associazione Jaima Sahrawi e anche la Regione si è attivata. Si chiede innanzitutto la nomina – da mesi sospesa – dell’inviato speciale del segretario Onu per il Sahara Occidentale, affinché riprendano i colloqui tra le parti. “Stiamo scrivendo al ministro degli Esteri Di Maio – ha aggiunto la Lusuardi – affinché si possa intervenire con un’interrogazione parlamentare”.
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