MONTECCHIO (Reggio Emilia) – Solo un imputato condannato e solo per un reato, passato da “maltrattamenti” ad “abuso di mezzi di correzione e disciplina” di cui sono stati vittime tre sottoposti: un anno e due mesi a Tito Fabbiani, l’ex vice comandante della municipale della val d’Enza, a fronte di una richiesta di sei anni del sostituto procuratore Valentina Salvi. Assolta dalle accuse l’agente Annalisa Pallai, per la quale era stato chiesto un anno e quattro mesi, e assolta dalle accuse anche Cristina Caggiati, all’epoca comandante, per la quale era stato chiesto un anno e sei mesi.

L’avvocato Marco Riatti, dietro di lui Tito Fabbiani
E’ questo il primo punto giudiziale alla vicenda, è questa la decisione di primo grado del collegio presieduto da Cristina Beretti. Ed è una decisione che elimina per ora dal piatto tutte le accuse a danno della pubblica amministrazione: i tre imputati rispondevano a vario titolo di concussione, abuso d’ufficio, peculato, omessa denuncia, truffa aggravata ai danni dello Stato. Lacrime di sollievo in aula da parte soprattutto di Caggiati e Pallai. Nessuno dei tre ha voluto rilasciare dichiarazioni.
“Sono cadute tutte le accuse più pesanti – commenta l’avvocato Gabriele Riatti, che difende Tito Fabbiani e Annalisa Pallai – Ovviamente speravamo in una assoluzione completa anche per Fabbiani. Aspetteremo le motivazioni e valuteremo l’appello”.
L’indagine era esplosa il 17 luglio 2018: il giorno prima era stata data esecuzione a due misure cautelari nei confronti del vice comandante e di un ispettore capo della polizia municipale Unione Comuni della Val d’Enza, ovvero domiciliari per Fabbiani, durati qualche mese, e sospensione per sei mesi per Pallai. Pochi giorni dopo era toccato a Caggiati: anche per lei fu disposta la sospensione per sei mesi. Tutto era iniziato nel novembre dell’anno precedente, in seguito ad un esposto anonimo giunto alla Procura e ad altri enti istituzionali della provincia, che denunciava un ‘sistema di potere’ che Fabbiani e Pallai avevano, si diceva, messo in piedi per anni all’interno del comando, ma anche al di fuori, abusando del loro status di pubblico ufficiale.
Fabbiani era accusato di vessare psicologicamente e verbalmente dipendenti e collaboratori. Caggiati, licenziata e poi riassunta dopo aver impugnato il provvedimento, era alla sbarra per abuso d’ufficio, omessa funzione di controllo e falsa certificazione del regolare svolgimento del servizio.
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