REGGIO EMILIA – Nella seconda puntata del nostro approfondimento sui punti di contatto tra politica e criminalità organizzata, abbiamo raccontato che nel 2011 la Dda di Bologna, che aveva da poco iniziato l’indagine Aemilia, ricevette dalla Dda di Catanzaro una serie di intercettazioni del boss Romolo Villirillo che chiamavano in causa Giovanni Paolo Bernini, all’epoca assessore comunale a Parma. Era la prima volta che i magistrati bolognesi si imbattevano in un esponente politico emiliano. Oggi vediamo come è finita quella vicenda.
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I rapporti di Giovanni Paolo Bernini con il boss Romolo Villirillo portarono la Dda di Bologna, all’inizio del 2015, a muovere all’esponente di Forza Italia l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e a chiederne l’arresto. Il Gip del Tribunale di Bologna però disse no all’arresto e valutò la vicenda diversamente: non concorso esterno, ma scambio elettorale politico-mafioso. In seguito, nell’ottobre 2016, il Gup Francesca Zavaglia riformulò l’accusa in corruzione elettorale e dichiarò prescritto il reato, prosciogliendo Bernini.
L’esponente di Forza Italia ha negato il passaggio di denaro: mai pagato Villirillo, ha detto. E quest’ultimo ha fatto lo stesso: non ho preso soldi, la mia era solo una “burla telefonica”. Nella sentenza di primo grado il giudice Zavaglia scrive che “le risultanze delle intercettazioni restituiscono prova del fatto che Bernini aveva promesso e in parte versato 50mila euro a Villirillo per ottenere il suo ausilio nella raccolta di voti” nelle elezioni comunali di Parma del 2007. L’appello, nel 2017, ha confermato il pronunciamento di primo grado. Nella sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna ha respinto il ricorso della Dda, si legge che “resta comunque indiscutibilmente accertato il patto elettorale stretto tra Villirillo e Bernini”, così come “pacificamente accertato è anche il pagamento dei 20mila più 30mila euro da lui effettuato a un prestanome”. In ogni caso, da quel 2007 è passato troppo tempo: il reato di corruzione elettorale è da tempo caduto in prescrizione.
Uno degli elementi su cui si sono interrogati i giudici è: Bernini era consapevole del fatto che Villirillo era uno ‘ndranghetista? Il Gup esprime un “ragionevole dubbio”. Sulla stessa linea la Corte d’Appello. Anche se Villirillo era abituato “ad ostentare il proprio ruolo di mafioso”, si legge nella sentenza, è difficile che Bernini nel 2007 potesse essere consapevole della sua caratura criminale. (3/continua)
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Reggio Emilia Parma Giovanni Paolo Bernini Bologna Aemilia prescrizione corruzione Romolo VillirilloPolitica e cosche: i sostegni elettorali e le intercettazioni. VIDEO