REGGIO EMILIA – Il 28 gennaio 2016 l’avvocato Luigi Comberiati varca l’ingresso del carcere bolognese della Dozza per far visita al suo assistito Pasquale Brescia, detenuto con l’accusa di associazione mafiosa. Quando se ne va, Comberiati ha con sé, dentro una carpetta, una lettera scritta a mano da Brescia, non datata e non firmata, indirizzata al sindaco di Reggio Luca Vecchi. Il legale dirà poi ai giudici, che lo processano per minacce con l’aggravante mafiosa, di aver trattenuto quel manoscritto per errore. Sta di fatto che, appena terminato il colloquio e uscito dal carcere, Comberiati telefona a una cronista del Carlino Reggio con cui è in contatto da tempo. Cosa le dice? Le dice di essere in procinto di entrare in possesso di una lettera di Brescia “contenente fatti che riguardano il sindaco Vecchi”. Una lettera che l’avvocato Comberiati è pronto a passare al Carlino.
Cinque giorni prima, il 23 gennaio 2016, il Carlino aveva pubblicato la notizia che nel 2012 Vecchi e la moglie Maria Sergio, dirigente comunale, avevano comprato una casa al grezzo dall’imprenditore edile Francesco Macrì, in seguito indagato nell’operazione Aemilia. Pasquale Brescia era il proprietario, insieme ai fratelli, del New West Ranch, un maneggio abusivo realizzato in via Croci, a Cella. Da quattro anni, da quando l’amministrazione comunale aveva ordinato la demolizione del maneggio, Brescia aveva ingaggiato una battaglia giudiziaria con l’ente pubblico. Cosa poteva avere di interessante da dire sul sindaco di Reggio un detenuto accusato di associazione mafiosa in guerra con il Comune dal 2012?
Per saperlo, basta aspettare altri cinque giorni. Martedì 2 febbraio 2016 la lettera di Brescia finisce in prima pagina sul Carlino e il giorno seguente viene pubblicata anche dalla Gazzetta. Linguaggio allusivo, frasi oblique, annuncio di prossime puntate, riferimenti ai figli e a quanto sono stati fortunati Vecchi e la moglie. Per la Corte d’Appello di Bologna, che ha condannato sia Brescia che il suo avvocato con sentenze confermate dalla Cassazione, la “natura intimidatoria” della lettera “appare di solare evidenza”, in quanto proveniva “da un associato eccellente ad una cosca mafiosa molto pericolosa”. In un prossimo servizio vedremo quale fu la genesi della lettera e come finì sulla prima pagina dei giornali. (10/continua)
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