REGGIO EMILIA – La mattina del 20 marzo 2012 il prefetto Antonella De Miro si trovava a Roma, alla scuola superiore del ministero dell’Interno. Ricevette una telefonata allarmata dal vicario: in prefettura era arrivata una busta indirizzata a lei. All’interno c’erano una lettera anonima di minacce e un proiettile calibro 7,65.
La sera del giorno dopo, in un ristorante di Gaida, quello che le sentenze definiscono “il gotha mafioso della provincia di Reggio” si ritrovò a cena per mettere a punto una strategia contro le interdittive antimafia della prefettura. A tavola con i capicosca c’erano due esponenti del Pdl: il consigliere comunale Rocco Gualtieri e il capogruppo in Provincia, Giuseppe Pagliani. “Quando lo seppi mi prese la nausea – mise a verbale la De Miro il 26 maggio 2015 – quando mai in Sicilia un politico se ne sarebbe andato a cena con un capomafia in un locale pubblico?”.
Il proprietario del ristorante, Pasquale Brescia, in seguito condannato per associazione mafiosa, era un sostenitore del Pdl. Nel suo locale in quegli anni si svolsero molti eventi conviviali di quel partito. E a casa di Brescia gli inquirenti trovarono foto insieme a esponenti nazionali del Pdl come Maurizio Gasparri e Vittoria Brambilla. Tra gli imputati condannati nel processo Aemilia, Brescia non era l’unico simpatizzante del Pdl. C’era Alfonso Paolini, attivissimo, a cui Pagliani chiese aiuto nella raccolta di firme per le elezioni comunali del 2012 a Campegine. Alfonso Diletto era in rapporti con il candidato della lista Forza Brescello, Maurizio Dall’Aglio, per le comunali del 2009. Le indagini hanno documentato l’interessamento dello stesso boss Nicolino Sarcone per la candidatura a sindaco di Paolo Catellani a Bibbiano, sempre nel 2009. E nell’incontro del 2 marzo 2012 nell’ufficio di Nicolino e Gianluigi Sarcone con Giuseppe Pagliani, Alfonso Paolini, Antonio Muto e Pasquale Brecia, si parlò dell’ipotesi di costituire un Circolo della libertà.
L’avvocato Liborio Cataliotti, ex coordinatore provinciale del Pdl, ha raccontato ai magistrati “quanto fosse preoccupato per l’apertura del partito a soggetti di chiara fama criminale come Diletto e Gianluigi Sarcone”. Era arrivato alla conclusione, si legge nella sentenza del processo Aemilia, “che il suo partito, il Pdl, era stato espugnato” dagli uomini della cosca Grande Aracri. Ma negli stessi anni, a Brescello, il clan era in grado di condizionare un’amministrazione comunale di centrosinistra. (4/continua)
Reggio Emilia 'ndrangheta a reggio emilia processo Aemilia politica










