BORETTO (Reggio Emilia) – Una grande spiaggia sulla riva reggiana, prima di vedere le acque del Po. È l’immagine concreta di come il Grande Fiume sia in sofferenza, con una portata idrica che è circa il 40% al di sotto delle medie del periodo. Un quadro che preoccupa fortemente il settore agricolo, che già oggi vive alcune difficoltà ma che soprattutto guarda con ansia alla prossima primavera-estate. Anche perché è un’emergenza che si trascina ormai da tanto tempo.
“Sono due anni che il Po non vede una piena importante, intesa come una portata consistente di acqua che non crei comunque danni, e questo è preoccupante”, le parole di Lorenzo Catellani, presidente provinciale di Cia. Il livello del fiume nella Bassa è di circa 3 metri al di sotto dello zero idrometrico ma i problemi nascono, letteralmente, a monte, dalla quasi totale assenza di neve in Appennino. “Il fatto che in montagna manchi la neve, una riserva idrica fondamentale, ci preoccupa tantissimo in prospettiva”, ha aggiunto Catellani.
Ma quali sono le possibili risposte a questa crisi, che negli ultimi anni è diventata quasi endemica? Le strade indicate dall’associazione agricola puntano sulla scelta di coltivazioni più resistenti, anche attraverso ricerca e innovazione sulle piante e le tecniche irrigue. E poi l’annosa questione degli invasi per trattenere più acqua dalle precipitazioni. La diga di Vetto è stata già indicata come priorità dalla Regione: “Già prima dell’inverno, le semine autunnali hanno visto gli agricoltori optare per una maggiore quantità di grano rispetto al mais, che richiede meno acqua. Alla politica chiediamo finanziamenti per la ricerca e l’innovazione e i fondi per lo studio di fattibilità e l’avvio dei lavori per l’invaso sull’Enza”.
Reggio Emilia agricoltura cambiamenti climatici Po in secca