FORMIGINE (Modena) – Pietro Corradini è il coordinatore tecnico della Scuderia Belle Epoque, a Corlo di Formigine, un pezzo della motor valley in cui i motori delle auto storiche, Formula 1 comprese, ricominciano a vibrare e suonare. Il padre casaro a Bosco di Scandiano, dal 2 febbraio 1970 meccanico motorista alla gestione Sportiva della Ferrari. Trent’anni di esperienza e di ricordi che qui prendono forma: “Per fare quello che facciamo bisogna essere malati di automobilismo, e io sono uno di quelli anche se alla mia età dovrei godermi le mie cose ma godo anche a riparare delle automobili, ad andare ancora in giro a sentire i rumori e i profumi dei gas di scarico”.
Era la fine degli anni ’70 quando Corradini fu invitato in Brasile da un italiano che gestiva una pista di Kart a San Paolo. In pista c’era un ragazzino che si chiamava Ayrton Senna: “Mi disse questo ragazzino va forte in kart, lo guardo negli occhi e gli dico ‘sali in macchina tieni frenato e il volante fermo e dritto’. Lui ha guardato Tino Gallone che era questo signore che lavorava lì a San Paolo e dice ‘Ma dice davvero?’. E lui è entrato in macchina per la prima volta. Poi siamo sempre stati in contatto. Quando eravamo in pista – lui gareggiava in Europa e venne a correre in Formula Ford e poi in Formula 3 – nelle gare concomitanti alla Formula Uno mi veniva sempre a trovare sapendo che io lo tenevo dentro al box nostro della Ferrari. Poi lo andavo a salutare quando correva in Formula uno, andavo a dargli l’in bocca al lupo in griglia”.
E’ rimasto amico di Jody Sheckter, che segue agli eventi in giro per il mondo e ricorda bene la T4 che nel 1979 ha vinto il mondiale. Poi Clay Regazzoni e Michele Alboreto, il signore dei piloti: “Il pilota inteso come pilota era Gilles Villeneuve. ‘Aveva il coraggio, il coraggio e l’incoscenza”.
Testimone di una Formula Uno che appartiene ad un’altra era: “Ma sono sempre piloti, quelli di adesso forse sono più costruiti, dai simulatori, dal computer e non si godono quello che stanno facendo. Come ero tifosissimo di Gilles. Avevo percepito che era quello giusto, era semplice, aveva un giubbino sgualcito, lui era quello lì, aveva un casco dentro la sacca tutto sverniciato con ancora i moscerini della gara prima, deve essere così, il motorsport deve essere quello”.
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