REGGIO EMILIA – “L’importante sarà capire se le realtà di riqualificazione che noi abbiamo da sfruttare siano effettivamente applicabili nei tempi e nei modi voluti. Sappiamo che riqualificare è più difficile che costruire il nuovo”. Così Francesco Spallanzani, presidente del Collegio provinciale dei geometri.
Evolvere la città senza consumare nuovo suolo. L’obiettivo è fissato dal nuovo piano urbanistico il cui iter di approvazione terminerà entro l’anno. Quanto sia in salita la strada verso questo traguardo in linea con la transizione ecologica viene messo in chiaro dagli addetti ai lavori, impensieriti da progettualità, alcune già realtà altre in divenire, che una volta a regime comporteranno un aumento del numero di abitanti. “Attrattività che hanno trasformato la nostra città. Pensiamo alla Tav, all’Università, al Core. C’è da capire se saremo in grado di far fronte a queste richieste”.
Soltanto per lo stabilimento Silk Faw, nel caso diventasse realtà, si stima un fabbisogno di mille lavoratori in gran parte in arrivo da fuori provincia e anche dall’estero. Con relativo fermento per quanto riguarda il settore immobiliare.
Rivoluzionari sono poi i criteri che varranno per le aree produttive. Da un indice di superficie si passa a uno di tipo volumetrico, che privilegia dunque le costruzioni in verticale. “Una volta si spalmavano prodotti finiti e materie prime in orizzontale, oggi si premia chi svilupperà magazzini sviluppati in altezza. Oltre una certa altezza, non sarà considerata come volume. Un premio per chi non consuma suolo”.
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