REGGIO EMILIA – C’è un morbo infido che minaccia di mettere in ginocchio gli allevamenti di suini dell’Emilia Romagna. La peste suina africana, portata dai cinghiali, ha già colpito duramente in Lombardia e Piemonte, ma dopo il primo caso in regione, in un allevamento del piacentino, a Ponte dell’Olio, adesso è sempre più allarme rosso. A rischio c’è un settore da un milione di animali e che vede già bloccate le esportazioni di prodotti in Canada, Cina, Giappone e Svizzera, dopo i primi casi di cinghiali morti risultati positivi al virus. Per evitarne la diffusione la Regione investe in biosicurezza e chiede al Commissario governativo indennizzi anche per le aziende che rientrano in zone di restrizione, pur non avendo casi positivi.
Sono 55 le aziende, 19 nel reggiano, che hanno presentato progetti per i propri allevamenti e che beneficeranno di contributi per un totale di 2 milioni e 325 mila euro. Finanziati: l’acquisto di recinzioni antintrusione e di celle frigorifero per lo stoccaggio di carcasse e la realizzazione di zone filtro e piazzole per la disinfezione degli automezzi.
Il secondo filone di intervento riguarda la riduzione del numero dei cinghiali. La Regione ha previsto per le Province un contributo per ogni capo abbattuti. “Lavoriamo per scongiurare la diffusione del virus – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi – Non possiamo compromettere la filiera suinicola”.
Entro l’autunno l’Emilia Romagna metterà a punto un ulteriore bando per innalzare i livelli di biosicurezza e consentire alle aziende di avere deroghe nella commercializzazione. Intanto continua il pressing degli allevatori sul Governo. Nei giorni scorsi 500 aderenti a Coldiretti hanno incontrato il nuovo Commissario straordinario Giovanni Filippini. E’ stato condiviso di limitare il numero dei cinghiali e di fare ogni sforzo per evitare la diffusione della malattia. Coldiretti vuole la certezza degli indennizzi che, come richiesto anche dalla Regione, non devono riguardare solo le aziende che hanno subito gli abbattimenti, ma anche gli allevamenti che saranno costretti a rimanere fermi, perché rientrano nelle zone a rischio pur non avendo casi. Un settore strategico per l’Italia che tra produzione e indotto vale 20 miliardi di euro e centomila posti di lavoro.
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