REGGIO EMILIA – Sul caso del pestaggio in carcere da parte di alcuni agenti di polizia penitenziaria ai danni di un detenuto, interviene il direttivo della Camera penale di Reggio presieduta dall’avvocato Luigi Scarcella: “A prescindere dalle responsabilità penali che saranno accertate solo all’esito del processo, certamente la vicenda induce una profonda riflessione sulla necessità di assicurare condizioni di detenzione dignitose e rispettose dei diritti umani e dell’integrità fisica dei detenuti ed altresì sul dovere dello Stato di salvaguardia delle persone affidate alla sua custodia – si legge nel comunicato – Il carcere non è, né deve mai diventare, luogo di sopraffazione o di denigrazione della dignità umana, ma luogo nel quale le persone scontano una pena legalmente inflitta che, in ossequio ai principi costituzionali, non può mai consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e deve altresì tendere alla rieducazione del condannato”.
E ancora: “All’evidenza le ispezioni invocate, a Reggio come negli altri istituti penitenziari del Paese, consentiranno di prendere ormai acclarata e amara contezza delle condizioni disumane e degradanti ivi in essere; delle scarse risorse di assistenza sanitaria, psicologica e psichiatrica; del carente organico di polizia penitenziaria e di operatori sociali, che, insieme al crescente e continuo sovraffollamento, hanno contribuito a incrementare in modo esponenziale il drammatico fenomeno dei suicidi (dall’inizio dell’anno la media è pari ad uno ogni due giorni). È pertanto evidente l’urgente e ormai inderogabile necessità di un profondo mutamento delle modalità di esecuzione della pena, imperniato sull’abbandono, a partire dalla fase cautelare, di quella visione “carcerocentrica” della giustizia penale che ha condotto al dramma tutt’oggi in atto. Al contempo, il Direttivo della Camera Penale di Reggio denunzia l’ennesimo caso di indebita mediaticizzazione di una indagine penale. I diritti e le garanzie delle persone indagate-imputate restano intangibili, quale che sia l’accusa mossa nei loro confronti. Deve essere censurata ogni forma di processo mediatico, inteso quale anticipazione pubblica dell’attività di indagine che, oramai, conduce a vere e proprie sentenze anticipate di condanna”.