REGGIO EMILIA – La testimonianza ascoltata in udienza è stata l’ultima tra quelle calendarizzate che vedevano come persone da interrogare gli agenti di polizia penitenziaria accusati di torture in carcere. Nel caso specifico si tratta di un viceispettore, uno dei due chiamati a rispondere anche del reato di falso in quanto avrebbero attestato circostanze false nelle relazioni di servizio inerenti la vicenda. Su uno dei dettagli che erano stati verbalizzati, ovvero la presenza di alcune lamette che il detenuto avrebbe avuto con sé, si concentrata la versione fornita dall’imputato, il quale ha raccontato di non averle conservate e di averle invece buttate. Questo per chiarire il perché non vi sia traccia, tra i reperti, di quel tipo di arma impropria. Si tratta dell’elemento che, secondo la difesa, avrebbe comportato l’utilizzo della forza da parte dei secondini.
Nel corso dell’audizione l’agente ha ammesso di avere colpito al volto il detenuto. Un gesto di cui si è scusato.
La prossima udienza, il 25 novembre, quando prenderanno la parola le parti civili e l’accusa, saranno visionate le registrazioni della videosorveglianza che mostrano il carcerato mezzo nudo, calpestato e colpito al volto mentre è a terra, e una federa utilizzata per incappucciarlo. Percosse e umiliazioni che risalgono al 3 aprile 2023, mentre la diffusione di buona parte di queste immagini choc è avvenuta nove mesi fa, suscitando diverse reazioni, comprese quelle dei ministri dell’Interno e della Giustizia. Quest’ultimo aveva parlato, di ‘sdegno e dolore’. La sentenza è prevista per l’inizio del 2025.
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