REGGIO EMILIA – L’interrogatorio di garanzia ha riguardato tre dei dieci agenti di polizia penitenziaria sospesi fino a un anno dal servizio. Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Una strategia suggerita dai rispettivi avvocati, chiamati a valutare il ricorso al tribunale del Riesame. In totale sono 14 gli agenti in forza al carcere della Pulce indagati per il pestaggio subito il 3 agosto scorso da un detenuto 40enne cittadino tunisino. Istanti, suddivisi in due momenti separati, entrambi immortalati dalla videosorveglianza.
“Ho visto il video agli atti, è un intervento crudo, ruvido. Vero è che si verifica a seguito di atteggiamenti che all’interno di un carcere sono difficilmente tollerabili”. Gli atteggiamenti cui fa cenno l’avvocato Alessandro Conti che assiste uno dei poliziotti, riguardano il comportamento tenuto del carcerato, che era stato sanzionato quel giorno per condotte contro il regolamento. Alle spalle avrebbe poi relazioni disciplinari emesse dal carcere di Bologna, che lo aveva trasferito a Reggio. La presunta aggressione, secondo quanto ricostruito, è avvenuta dopo il colloquio col direttore dell’istituto, col detenuto che avrebbe rifiutato il trasferimento in isolamento, come da sanzione appena ricevuta, e avrebbe invece opposto resistenza dirigendosi altrove.
“Credo che sia indispensabile vedere il filmato del fatto, e possibilmente degli antefatti, e i documenti che tratteggiano quella che oggi è definita parte offesa”, commenta invece l’avvocato Liborio Cataliotti.
“Brutalità, ferocia, sproporzione e azione del tutto ingiustificata”, sono tuttavia le parole che si leggono nell’ordinanza firmata dal giudice Luca Ramponi, che noi prossimi giorni sentirà gli altri sette agenti sospesi, alcuni dei quali sottoposti anche ad obbligo di firma. Otto degli indagati devono poi rispondere del reato di tortura. “A mio avviso la tortura ha degli episodi essenziali completamente differenti rispetto al caso specifico, non è reiterata, non vi sono azioni particolarmente mortificatorie”, il parere di Conti.
Le altre ipotesi di reato sono quelle per lesioni e falso in atto pubblico, per via di tre relazioni compilate dagli agenti in modo non fedele, secondo gli inquirenti, a quanto avvenuto. Sarebbe un’invenzione, ad esempio, il fatto che il quarantenne avesse con sé delle lamette.
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