REGGIO EMILIA – Liste d’attesa difficili da smaltire e comunque gestibili solo attraverso il privato convenzionato; turni del personale massacranti, medici di medicina generale che non si trovano, pronto soccorso chiusi per mancanza di medici. La sanità reggiana è in grande sofferenza. E non ci si può consolare pensando che a Reggio Emilia viviamo gli stessi problemi del resto del Paese e che c’è chi sta peggio di noi.
L’Ausl reggiana chiuderà il bilancio di quest’anno con un disavanzo di 82 milioni di euro. Le altre aziende sanitarie dell’Emilia Romagna non se la passano meglio: a livello regionale, il rosso è di 880 milioni. Come si spiegano disavanzi di questa entità a Reggio? Con quasi 50 milioni di costi aggiuntivi per la gestione del Covid, con 43 milioni di aumento dei costi di produzione, con 33 milioni di spese in più per le bollette e 36 in meno di contributi. Ma si spiegano anche con il fatto che lo Stato deve ancora versare all’Ausl di Reggio Emilia 120 milioni di euro del fondo pandemia, che in parte risalgono addirittura all’annualità 2020.
Come inciderà su questa situazione la manovra di bilancio del Governo? Rispetto a quest’anno, l’esecutivo ha stanziato 2 miliardi e 150 milioni di euro in più, portando la dotazione del fondo sanitario nazionale a 128 miliardi. I due terzi della somma serviranno a fronteggiare il caro bollette. Soldi in più, insomma. Ma molti addetti ai lavori hanno fatto notare che, con un’inflazione al 12%, aumentare i fondi per la sanità del 2% equivale a ridurli del 10% in termini reali. Secondo la relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio, la quota di finanziamento del fondo sanitario nazionale scenderà dal 6,5% del 2019 al 6,1% nel 2025.
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