REGGIO EMILIA – Ha suscitato grande clamore la notizia dell’avvio del percorso di collaborazione con la giustizia per il boss dell’ndrangheta Nicolino Grande Aracri – la cui cosca ha messo radici anche nel territorio reggiano – condannato all’ergastolo nel processo Aemilia. Una mossa che ha analizzato ai microfoni di Tg Reggio lo scrittore Enzo Ciconte, tra i massimi studiosi della criminalità organizzata calabrese.
“Per l’ndrangheta, il pentimento di un boss così potente è un colpo al prestigio e all’immagine dell’organizzazione criminale”. Ma quali sono, secondo Ciconte, le ragioni che hanno portato il boss a percorrere la strada del pentimento? “I mafiosi di oggi non sono più quelli di una volta – ha detto – per i quali il carcere era comunque un motivo di onore. Oggi i mafiosi hanno accumulato più ricchezze e vorrebbero anche godersele, per cui credo che alla base della decisione del boss ci sia la voglia di uscire dal carcere e, magari, godere dei soldi che i magistrati non sono ancora riusciti a confiscargli”.
L’effetto delle confessioni ai magistrati potrebbe essere dirompente: “A tremare non sono solo gli esponenti ‘ndranghetisti, ma anche imprenditori, politici, professionisti, massoni con cui ha fatto affari e stretto accordi nel tempo”, ha aggiunto Ciconte. Un terremoto in vista, a patto che Grande Aracri non si mantenga sulla superficie o faccia passi indietro: “La vera sfida è che vada fino in fondo”, ha concluso lo studioso.
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