REGGIO EMILIA – Il fenomeno della pedofilia nella Chiesa angoscia credenti, sacerdoti e alti prelati. Scuote le coscienze di tutti, ma le riflessioni che scaturiscono da questo travaglio non necessariamente coincidono. All’inizio di ottobre furono resi pubblici i risultati del lavoro della Commissione indipendente sugli abusi sessuali su minori nella Chiesa francese: 216mila le vittime dal 1950. Nei giorni scorsi un rapporto commissionato dall’arcivescovo di Monaco di Baviera ha portato alla luce 497 casi di abusi nella grande diocesi tedesca, chiamando in causa anche il futuro Papa Ratzinger, accusato di aver coperto all’epoca quattro di questi casi.
Nell’intervista pubblicata domenica dal Corriere della Sera, l’ormai ex Vescovo di Reggio Massimo Camisasca ha criticato la decisione della Chiesa francese e di quella tedesca di affidare l’approfondimento di questi temi a strutture indipendenti, anziché a commissioni interne. Alcuni degli esperti incaricati, a giudizio di Camisasca, sarebbero infatti animati da un pregiudizio anticattolico e il loro lavoro sarebbe stato usato da settori della Chiesa per colpire Papa Benedetto XVI.
L’8 ottobre scorso Don Giuseppe Dossetti, ospite del nostro settimanale Decoder, non mise in dubbio la fondatezza delle conclusioni a cui era giunta la Commissione sugli abusi nella Chiesa francese. “Una cosa terribile. Finalmente il coraggio c’è stato, soprattutto per rispetto delle vittime. Queste cose avvengono in una società chiusa. Quando la Chiesa e le comunità cristiane sono molto chiuse, si pongono in contrapposizione con quelli che sono fuori, cercano un’autosufficienza, allora è più facile che queste cose capitino”.
L’apertura, disse don Dossetti, è il modo migliore per prevenire. E per quanto riguarda il passato? Il fondatore del Ceis indicò la strada, riconoscendo a Papa Francesco e allo stesso Benedetto XVI di avere aperto uno stagione nuova. “Fare quello che hanno fatto questi Papi: chiedere perdono, trarne motivo di umiltà e incontrare se possibile le vittime“.
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