CASINA (Reggio Emilia) – Parentele con “persone considerate non immuni dal rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata” e rapporti d’affari con una persona che è stata gravata nel 2021 da un illecito amministrativo per subappalto non autorizzato: sono i principali elementi in base ai quali la Prefettura di Reggio, lo scorso novembre, ha negato l’iscrizione alla white list alla ditta di Tommaso Manfreda, all’epoca assessore ai Lavori pubblici di Casina, innescando una reazione a catena che ha portato alle sue dimissioni dalla giunta del sindaco Stefano Costi.
L’impresa edile di Manfreda non aveva mai partecipato in passato ad appalti pubblici. Tuttavia l’imprenditore ha deciso di chiedere l’iscrizione alla white list, come già aveva fatto nel 2018 per la società costituita insieme al fratello Pietro. Questa volta però la Prefettura, dopo la consueta istruttoria, ha ritenuto che mancassero i requisiti per l’autorizzazione. Un peso significativo, nelle valutazioni dell’ufficio territoriale del Governo, lo hanno avuto la parentela con Antonio Falbo e i rapporti con Giuseppe Falbo. Manfreda, nel ricorso al Tar predisposto dai suoi legali, nega entrambe le circostanze. Antonio Falbo è dipendente di un’impresa che si occupa di trasporti “e non è mio cugino” dice Manfreda nel ricorso. Aggiunge anche di non avere mai avuto alcun contatto politico con Giuseppe Falbo, che fece parte del Consiglio comunale di Casina nella scorsa consigliatura, eletto nella ‘Lista civica per Casina’ del precedente sindaco Gianfranco Rinaldi.
C’è poi la contestazione rispetto ai presunti rapporti economici con Salvatore Grande, due anni fa multato per subappalto non autorizzato: nel 2013 Manfreda e Salvatore Grande vennero sottoposti a un controllo delle forze dell’ordine mentre si recavano assieme presso un cantiere che vedeva coinvolte le rispettive ditte. “L’indagine della Prefettura è sommaria”, ribatte Manfreda, che sottolinea che il provvedimento a carico di Grande era “privo di criticità legate al contesto mafioso”. L’ex assessore afferma comunque che i rapporti economici tra lui e Salvatore Grande sono sempre stati “legittimi ed esclusivamente legati ad un numero limitato di cantieri”.
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Tommaso Manfreda ha affidato a una nota dei suoi legali la sua posizione
Nessuno mette in discussione il rispetto della legalità e l’importanza degli sforzi delle istituzioni in tal senso, questo è fuori dubbio come è fuori dubbio che chi confonde il fatto di ricevere un diniego all’iscrizione alla white list con l’appartenere alla criminalità organizzata non è in grado di parlare di tutela della legalità poiché la legalità si fonda appunto sulla legge e sui principi che hanno portato il legislatore a scrivere la norma in esame sulle interdittive.
Ribadiamo nuovamente in modo chiaro e univoco che l’azione promossa è a tutela dei diritti di un cittadino e non è contro la lotta alla mafia.
Abbiamo portato all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria competente, con gli strumenti che la legge prevede – e quindi nel pieno rispetto della legalità – una circostanza chiara: il protocollo di legalità in questione contrasta con la legge che limita gli effetti delle interdittive ai soli rapporti con la P.A. e non con i privati.
Non si tratta quindi di attaccare un sistema di contrasto alla criminalità, si tratta, come, prevede la legge, di tutelare i diritti privati di un cittadino, diritti tutti costituzionalmente garantiti quali il lavoro e la libertà d’impresa, nulla più.
Avv. Valter Pompeo Azzolini
Prof. Avv. Paolo Colombo
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