TOKYO – La storia – dello sport ma non solo – di solito la scrive chi vince. Ma la regola ha eccezioni proverbiali, destinate a sconfinare nella leggenda. Ecco, l’ultima impresa di Gregorio Paltrinieri è una di queste, perché andare a medaglia in una gara massacrante come la 10 km in acque libere a poche settimane dalla mononucleosi, malattia che toglie al corpo innanzitutto forza e resistenza, è un autentico miracolo sportivo.
Reduce dalle fatiche in vasca, argento negli 800 metri e quarto posto nei 1500, Greg ha grattato dal fondo di un barile già in esaurimento tutta l’energia che restava: risultato, un terzo posto che profuma di vittoria, un bronzo che luccica come se fosse oro.
Imprendibile il tedesco Florian Welbrock, Paltrinieri ha lottato spalla a spalla con l’ungherese Krystof Rasovszky ma alla fine ha dovuto arrendersi nella volata per il secondo posto. Ma il senso dell’impresa straordinaria resta, così come la soddisfazione del fuoriclasse carpigiano.
Il tarlo che rischia di guastare il sapore delle due medaglie centrate a Tokyo da Paltrinieri si chiama rimpianto. Rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato causa mononucleosi.
Ora, completato un fantastico triplete, tre medaglie diverse in tre specialità diverse, oro a Rio sui 1500 metri, argento negli 800 e bronzo nella 10 km a Tokyo, lo sguardo è già rivolto a Parigi 2024.
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