
SCANDIANO (Reggio Emilia) – L’avvocato Giuseppe Pagliani torna in politica. Lo fa nella lista Civici e Centrodestra, che sostiene la candidatura a sindaco di Scandiano del medico Antonello Salsi. “Il suo progetto politico-amministrativo mi ha convinto a dare il mio sostegno candidandomi direttamente per l’elezione del consiglio comunale – scrive Pagliani – Apprezzo profondamente l’unione tra una lista civica ed una politica, con l’obiettivo di realizzare un nuovo modello di governo amministrativo per la nostra terra. Negli ultimi cinque anni ho notato un completo abbandono delle frazioni, oltre alle opportunità mancate per Scandiano. Contiamo sul collegamento diretto con i principali esponenti dell’attuale governo di centrodestra, che potranno supportarci nel rilancio di Scandiano e delle sue numerose eccellenze”.
Quest’ultimo riferimento è all’amicizia che lega Pagliani al senatore Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato di Forza Italia. Un mondo, quello della politica romana, che dopo il proscioglimento in Cassazione di Pagliani dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, lo ha riaccolto a braccia aperte. L’avvocato di Arceto ha scritto un libro – presentato anche in Senato – e non ha mai smesso di definirsi un “perseguitato”.
I guai di Pagliani cominciarono nel 2012, quando la Dda di Bologna documentò i suoi rapporti e i suoi incontri con esponenti di primissimo piano della cosca Grande Aracri, alcuni dei quali – come Nicolino Sarcone – già sotto processo per mafia. Arrestato il 28 gennaio 2015, fu assolto in primo grado e condannato a 4 anni in appello. Ma la Cassazione, accogliendo un ricorso della difesa, ordinò di rifare il processo, conclusosi poi con l’assoluzione in Appello e il definitivo successivo proscioglimento. Sentenze che hanno assolto Pagliani dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma hanno ricostruito approcci, incontri e telefonate con i boss e hanno stigmatizzato la sua condotta.
“Se avessi saputo che alla cena al ristorante Antichi Sapori c’era Nicolino Sarcone, non ci sarei mai andato”, disse con fermezza Pagliani durante una delle prime presentazioni del suo libro “Ventitrè giorni”. Ma due settimane prima della cena con il gotha della cosca, il 2 marzo 2012, l’ex capogruppo del Pdl in Provincia aveva già incontrato una prima volta Sarcone, addirittura nell’ufficio di quest’ultimo. Per il resto, parlano le sentenze. Quella che nel 2016 lo ha assolto in primo grado, pronunciata dal Gup Francesca Zavaglia, sferza “la facilità e l’entusiasmo con i quali Pagliani si era messo subito al servizio del boss” Sarcone e conclude: “L’abbondante compendio probatorio offre, quale ricostruzione ritenuta dal giudicante più ragionevole, quella che vede Giuseppe Pagliani prestare una iniziale piena e consapevole adesione al progetto propostogli da Nicolino Sarcone, salvo poi defilarsi, forse anche impaurirsi”.
Nella sentenza di assoluzione della Corte d’Appello di Bologna del 2021, invece, i giudici scrivono che Pagliani, quando incontrò Nicolino e Gianluigi Sarcone nella sede della loro ditta, “era sicuramente consapevole della caratura criminale di costoro”. Scrivono anche che l’accordo tra i Sarcone e Pagliani era “funzionale agli interessi di entrambe le parti, nella consapevolezza del politico che una delle parti era la ‘ndrangheta”.
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