REGGIO EMILIA – Charanwala, regione del Punjab, Pakistan. E’ il 27 agosto e per le strade della cittadina si sta svolgendo una processione religiosa. In primo piano, a sinistra dello schermo, c’è un uomo: secondo la trasmissione di Rete4 “Quarto Grado” che ha mandato in onda il video è Shabbar Abbas, il padre di Saman, rinviato a giudizio in Italia per l’uccisione della figlia 18enne che aveva rifiutato un matrimonio combinato, con le accuse di omicidio, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Imputati anche la moglie e madre della ragazza Nazia Shaheen oltre allo zio Danish Hasnain, secondo la procura l’esecutore materiale del delitto e i cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq.
Mentre gli ultimi tre sono in carcere, i coniugi Abbas sono ancora latitanti in Pakistan. Si sono imbarcati su un volo da Malpensa il primo maggio dell’anno scorso, il giorno successivo la notte in cui Saman sarebbe stata uccisa. C’è una richiestra di estradizione da parte del Governo Italiano ma finora non ci sono state risposte. Alcune settimane dopo la scomparsa della 18enne, lo stesso Shabbar, intercettato, avrebbe detto “Io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa”.
Eccolo ora, secondo Quarto Grado, per le strade del villaggio pakistano, in testa alla processione formata da soli uomini, adulti e bambini. Partecipa al rito, battendo la mano sul petto. Il suo legale, l’avvocato Simone Servillo, conferma di non essere ancora riuscito a mettersi in contatto con lui e con la moglie.
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