REGGIO EMILIA – Nell’edizione del telegiornale di ieri vi abbiamo riferito i risultati di un’indagine di Greenpeace circa la presenza nell’acqua potabile di Pfas, sostanze chimiche usate in numerosi processi industriali. I Pfas, oltre una determinata soglia, sono nocivi per l’uomo. Questa soglia, a partire dal 2026, sarà ridotta a 100 nanogrammi per litro, quindi 0.1 microgrammi.
Per quanto concerne la nostra provincia, l’analisi di Greenpeace è basata su due soli campioni, prelevati in fontane pubbliche e poi fatti analizzare in laboratorio. Il primo è stato raccolto a Reggio e ha evidenziato la presenza di 44,7 nanogrammi per litro, dunque ampiamente inferiore sia al limite di legge attuale che a quello futuro. Il secondo campione è stato raccolto a Guastalla e ha dato esito negativo: nessuna traccia di Pfas.
Dopo l’intervento dell’Ausl reggiana, che ha sottolineato come i risultati non dovessero preoccupare, poiché abbondantemente sotto i limiti di legge, sull’argomento è intervenuta anche Arca, la società che da un anno gestisce il servizio idrico integrato della nostra provincia. Arca ricorda che tra il 2017 e il 2023 il precedente gestore, Ireti, ha eseguito non due, ma 1.101 campionamenti. Altri 309 campionamenti sono stati effettuati l’anno scorso dalla stessa Arca. Tutti questi 1.410 campioni hanno dato risultati al di sotto non solo del limite di legge attuale, ma anche di quello più basso che entrerà in vigore nel gennaio 2026.
“Sin da quando la presenza dei Pfas è emersa – spiega Arca – i gestori del servizio idrico hanno monitorato la loro presenza nelle acque che distribuiscono e avviato un controllo continuo con le migliori tecnologie disponibili per la loro misura nelle acque. Bisogna assolutamente evitare allarmismi – conclude Arca – che possano suggerire comportamenti non razionali come quello di non bere acqua del rubinetto”.
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