REGGIO EMILIA – Bonificare l’area dell’ex Reggiane da ogni residuo bellico in previsione dei prossimi interventi di recupero e riconversione dei fabbricati. La richiesta al centro di una interrogazione al Ministro della Difesa Guido Crosetto ma anche di un esposto alla Procura per verifiche e indagini puntuali sul rispetto della normativa in vigore. A chiederlo l’avvocato Gianluca Vinci, deputato di Fratelli d’Italia e consigliere comunale a Reggio.
Nelle ex Officine Reggiane all’inizio del 1900 si producevano aerei, carrozze e veicoli militari. I capannoni furono anche bombardati. Quell’area è da tempo al centro di un profondo intervento di riqualificazione che gode anche di cospicui finanziamenti pubblici e del Pnrr. Secondo Vinci sono legittimi i dubbi della presenza nel sottosuolo di ordigni bellici rimasti dormienti da qui la necessità di uno studio approfondito.
“Da anni porto avanti questa battaglia con la volontà di fare chiarezza sullo sminamento dell’area su cui nel 1944 furono sganciate oltre 1.500 bombe – dice il deputato – Negli anni non ho avuto risposte chiare, mentre è molto chiara la normativa. Visto che a breve sarà insediato negli ex uffici uno studentato da 1800 studenti, con 10 milioni di euro dal Pnrr, è ora di fare chiarezza.
Nel 2018, proprio durante i lavori alle Reggiane, furono trovati ordigni inesplosi quasi a ridosso della ferrovia. A quelle operazioni collaborò l’ex sminatore Giovanni Lafirenze dell’associazione nazionale Vittime Civili di Guerra, presente con Nicolas Marzolino della Val di Susa, che ha ricostruito le circostanze del ritrovamento delle due bombe e le successive operazioni che le resero innocue.
La replica di Stu Reggiane: “Tutte le operazioni di bonifica bellica sono state svolte con regolarità e con tutte le certificazioni necessarie rilasciate da azienda specializzata”
Apprendiamo che l’on. Gianluca Vinci ha presentato un’interrogazione parlamentare e un esposto alla Procura della Repubblica sul tema della bonifica bellica dell’area delle ex Officine meccaniche Reggiane, in particolar modo in relazione al sedime che occupa l’attuale Parco Innovazione.
Nel pieno rispetto del lavoro sia del Parlamento italiano sia della Procura della Repubblica, vorremmo sottolineare qui, con riguardo particolare alla sicurezza e alla tranquillità di coloro che quotidianamente frequentano il Parco Innovazione, che tutte le operazioni di bonifica bellica sono state svolte con regolarità e con tutte le certificazioni necessarie rilasciate da azienda specializzata. E i lavori vengono svolti nel pieno rispetto della norma, che è volta a garantire la sicurezza e l’incolumità dei lavoratori
Una precisazione. L’on. Vinci confonde lo stato di attuazione, le funzioni e la proprietà di due immobili diversi, ovvero: una cosa è il Capannone 15C a sud del nuovo viale Ramazzini che ospiterà il quarto Polo universitario di Unimore dove si prevede la presenza di circa 1.800 studenti, immobile di proprietà di Stu Reggiane spa in fase di ristrutturazione; altra cosa è la Palazzina M, ossia l’ex palazzina direzionale ubicata lungo via Agosti attualmente di proprietà della Fantuzzi Immobiliare, sulla quale Stu Reggiane, in partenariato con Acer, ha redatto un progetto di fattibilità per la realizzazione di uno studentato da 80 camere, progetto candidato ad uno specifico bando pubblicato dall’allora Miur (ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), il cui esito è ancora in corso di definizione.
Nel merito, si sottolinea che su tutta l’area e su tutti gli immobili interessati dal Programma di rigenerazione urbana dell’Area delle ex Officine meccaniche Reggiane, attuato e in fase di attuazione da parte di Stu Reggiane spa, i lavori vengono svolti nel pieno rispetto della norma, che è volta a garantire la sicurezza e l’incolumità dei lavoratori.
In fase di progettazione – in particolare in fase di redazione del Piano della sicurezza e coordinamento – il Coordinatore della Sicurezza, in accordo con la committenza, redige una analisi dei rischi per i lavoratori derivanti dalla esecuzione delle opere, tra cui possono essere ricompresi, qualora lo rilevino analisi storico-documentali o strumentali (queste ultime solo ove possibile) anche i rischi di natura bellica.
Nel caso si rilevassero tali rischi, si attiverebbe la procedura di bonifica, finalizzata alla esecuzione dei lavori in sicurezza: una procedura che, in estrema sintesi e vista la particolarità dell’area (area industriale fortemente antropizzata e ad alto rischio ambientale) si articola in tre momenti:
- la presentazione di una istanza di bonifica redatta da impresa specializzata al fine dell’ottenimento del parere vincolante da parte degli organi competenti del ministero della Difesa;
- la supervisione operativa, con il personale qualificato Bcm (Bonifica campi minati) opportunamente formato dal ministero della Difesa, delle attività di scavo a rischio bellico;
- l’attivazione della vera e propria bonifica bellica da parte del Coordinatore della Sicurezza in fase di esecuzione e del committente, nel caso in cui personale qualificato Bcm attesti situazioni di pericolo dovuto alla probabile presenza di ordigni bellici.
Con la bonifica bellica, si provvede pertanto all’attuazione delle modalità operative e delle prescrizioni indicate nel parere vincolante ottenuto in fase di istanza. Al termine delle attività di bonifica, dopo il collaudo da parte degli organi del Ministero, viene rilasciato il certificato di avvenuta bonifica bellica.
La documentazione fornita dalla società Fantuzzi, citata dall’on. Vinci assieme ad altri documenti recuperati negli archivi storici, vengono pertanto utilizzati ai soli fini di redigere la valutazione del rischio bellico rispetto alle attività da svolgere.
Ribadiamo quindi che tutte le operazioni di bonifica bellica sono state svolte con regolarità e con tutte le certificazioni necessarie rilasciate da azienda specializzata.
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