REGGIO EMILIA – Nel novembre del 2019 i carabinieri del Ros avevano dato esecuzione a un sequestro preventivo per 9 milioni di euro dei beni dei fratelli Antonio e Cesare Muto, il primo dei quali – oggi 52enne – è stato condannato in via definitiva nell’ambito del processo “Aemilia” per associazione di tipo mafioso, truffa ed estorsione, tutti reati aggravati dall’appartenere al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri.
Era un provvedimento d’urgenza, poi sono proseguite le indagini patrimoniali che hanno riguardato i due fratelli, i loro famigliari e quelli che potevano essere i prestanome delle loro aziende. Il prosieguo dell’operazione “Grimilde”, coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Bologna, ha portato oggi a un nuovo provvedimento, una misura di prevenzione patrimoniale. L’entità dei beni sequestrati è salita a 10 milioni di euro. A darne esecuzione sono stati i carabinieri del Ros reggiani.
I militari hanno messo i sigilli a 5 aziende di autotrasporti e immobiliari, per un valore complessivo di 3 milioni di euro e 6 immobili (tra cui un capannone industriale sede delle aziende di autotrasporti, 4 abitazioni, un fabbricato in corso di costruzione), acquistati ad un prezzo complessivo di 3 milioni euro. Gli immobili sequestrati si trovano nelle province di Reggio, Parma, Mantova e Crotone. Sequestrati anche 92 veicoli, tra cui 28 trattori stradali, 43 semirimorchi, 5 autobus, 4 furgoni, 2 autocarri, 10 autovetture tra cui una Maserati e due Volkswagen, 1 motociclo e 1 quad, acquistati a un prezzo complessivo di oltre 1 milione e mezzo di euro. E infine 18 rapporti bancari le cui giacenze complessive sono tuttora ignote.
Secondo gli inquirenti, dopo appena 2 mesi dall’interdittiva antimafia che li aveva colpiti nel 2013, i fratelli Muto avevano costituito e avviato una nuova società di trasporti e viaggi turistici, la Cospar di Parma, intestandone le quote al prestanome Salvatore Nicola Pangalli, ingegnere di origini crotonesi. Da ultimo, l’indagine economico-finanziaria ha confermato i legami tra i fratelli Muto e gli altri imprenditori già condannati per aver fatto parte del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, in particolare Giuseppe Giglio e i fratelli Vertinelli. Dopo la misura patrimoniale, si aprirà una fase dibattimentale e il giudice stabilirà se i beni sequestrati saranno confiscati in modo definitivo.
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