REGGIO EMILIA – Nuova tappa questa mattina per l’udienza preliminare riguardante l’inchiesta Billions. Diverse le richieste presentate dagli avvocati difensori.
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Al centro c’è un presunto giro di false fatturazioni. Operazioni fittizie per un ammontare di circa 250 milioni di euro. Sotto la lente anche reati di natura tributaria, di riciclaggio e di bancarotta fraudolenta. Il principale tipo di eccezione preliminare che il giudice dell’udienza preliminare Andrea Rat si è visto rivolgere ha a che fare con la competenza territoriale. Dato che i sospettati illeciti affari hanno travalicato i confini reggiani, diversi avvocati hanno chiesto di spostare il procedimento nei territori dove si sarebbero consumati alcuni fatti, come Mantova, Verona e Vicenza, province nelle quali all’epoca degli episodi, avevano sede più aziende coinvolte.
Alcuni indagati hanno poi chiesto, tramite i loro legali, di essere interrogati, ai fini di un’eventuale richiesta di patteggiamento. Le domande inerenti i riti alternativi potrebbero essere già oggetto della prossima udienza, fissata il 23 novembre.
A rischiare il processo sono in 193. Una sfilza di indagati per i quali il sostituto procuratore Giacomo Forte ha chiesto il rinvio a giudizio. Era il 23 settembre di un anno fa quando operatori della Polizia di Stato e della Guardia di finanza entrarono in diverse abitazioni per eseguire perquisizioni, sequestri e notificare provvedimenti restrittivi.
Cinquanta persone devono rispondere del reato di associazione a delinquere. A nessuno viene contestata l’aggravante mafiosa, anche se, secondo l’accusa, sullo sfondo ci sarebbe un’organizzazione vasta, con basi solide, suddivisa in cellule tra i cui componenti non mancherebbero contatti con persone legate alla ‘ndrangheta.
Nella lista degli indagati compaiono nomi coinvolti e condannati nel processo Aemilia, come Luigi Brugnano, Giuseppe Aloi e Alfonso Frontera. Spunta anche il nome di Vincenzo Vasapollo, noto per fatti di sangue che risalgono alla fine degli anni Novanta.
Billions è oggi sotto i riflettori anche per la presenza tra i suoi indagati, con un ruolo di spicco tra i vertici dell’organizzazione, di Antonio Sestito. E’ il figlio di Dante, l’artigiano settantenne accusato di avere ucciso, a Cadelbosco Sotto, nella propria officina da gommista, con un colpo di pistola il suo ex dipendente Salvatore Silipo. Un delitto al quale Antonio avrebbe assistito.