REGGIO EMILIA – Parlavano di cocaina pura al 90%, della capienza di vani occulti. “Ho 60 chili a Madrid, il tuo camion prende? E ho 25 chili a Barcellona”. Così per centinaia e centinaia di ordini e carichi, che arrivavano in Calabria e venivano movimentati con auto e autocarri muniti di doppio fondo e con autisti in possesso di falsa documentazione per dribblare le restrizioni di quel marzo di pandemia.
Nel reggiano non c’erano veri e propri laboratori chimici, com’è emerso a Roma, ma depositi sì. Nelle pagine dell’ordinanza dell’operazione Aspromonte Emiliano ci sono episodi e dialoghi. Sono state 1.022 le utenze intercettate; 15 i giga byte di chat visionati tra dicembre 2019 e fine marzo 2020, ma secondo la procura i traffici del gruppo reggiano sono risalenti nel tempo ad almeno 4 anni prima.
Ma è all’inizio del 2020 che il boss, Romeo, entra stabilmente nella presunta organizzazione, dandole l’impronta internazionale. Ci sarebbe stato più di un viaggio in Spagna dei presunti referenti reggiani per sugellare l’intesa e stabilirne i dettagli. Le indagini si sono concentrate sul sistema criptato della piattaforma Sky Ecc, utilizzata dai signori della droga prima che fosse smantellata dall’Europol nel 2021. Da lì gli inquirenti hanno accostato un pezzo dopo l’altro, trovando collegamenti con altre indagini. Il comandante regionale della Guardia di finanza cita l’Emilia Romagna come terra finita al centro dei riflettori per il dramma dell’alluvione dicendo che la criminalità organizzata non si ferma davanti alle tragedie proprio come non si fermò durante il lockdown, come ha sottolineato dal generale Ivano Maccani, comandante regionale della Guardia di Finanza.
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