REGGIO EMILIA – Prosegue in tribunale il processo sull’omicidio di Saman Abbas. Oggi è stata la volta delle arringhe degli avvocati che difendono la madre, latitante, e il cugino Ikram Ijaz.
Dietro l’uccisione della 18enne pakistana non vi fu premeditazione e non vi fu nemmeno una fuga a delitto consumato. La proclamazione di innocenza riguarda la figura di Nazia Shaheen, la mamma della vittima, l’unica tra i cinque famigliari imputati che non ha mai messo piede in tribunale. Secondo il suo avvocato, Simone Servillo, la condizione di latitanza non deve avere alcun riverbero negativo. Per la donna, la procura tre udienze fa ha chiesto l’ergastolo. In tempi non sospetti, ha spiegato Servillo, furono comprati i biglietti aerei dei genitori della 18enne e la data scaturì prettamente da un ragionamento di convenienza nel prezzo.
D’accordo con la procura nel “voler rendere giustizia a Saman”, il legale ha tuttavia sottolineato la necessità di una lettura diversa degli atti, rilevando un atteggiamento pregiudiziale nelle mosse della procura. Ci sono, invece, elementi assolutori nei confronti della madre: di lei e del padre la figlia non aveva paura. Lo dimostrano, ha spiegato, i messaggi che la giovane spediva al fidanzato Saquib dai quali “emerge uno spaccato di vita in cui non compare la paura”.
Dalle fughe dell’adolescente e al fatto che avesse rubato soldi in casa sarebbero stati motivati i rimproveri subìti. Ricostruzioni che tornano sotto i riflettori di un processo che ha avuto una comprensibile risonanza mediatica dalle cui distorsioni l’avvocato ha voluto mettere in guardia la corte. Lo stesso monito giunto dalla collega Mariagrazia Petrelli, che difende Ikram Ijaz, uno dei due cugini di Saman per il quale sono stati chiesti 30 anni. Una pena che sarebbe ingiusta secondo l’avvocatessa: “Un innocente su cosa può riflettere per tanto tempo? Su quanto sia dura e ingiusta la vita”.
Anche Petrelli è tornata sulle zone d’ombra riguardanti le ultime ore di vita di Saman senza escludere che appartenessero alla madre le mani che hanno stretto il collo della ragazza. “A uccidere la vittima può essere stato sia un uomo che una donna, anche in età avanzata”.
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